Il diritto di esclusiva è codificato nell’art. 1743 c.c. ai sensi del quale “il preponente non può valersi contemporaneamente di più agenti nella stessa zona e per lo stesso ramo di attività, né l’agente può assumere l’incarico di trattare nella stessa zona e per lo stesso ramo gli affari di più imprese in concorrenza tra loro”. La disposizione ha, quindi, una valenza reciproca, sia a favore dell’agente sia a favore del preponente. In questo modo, impedendo attività concorrenziali, si garantisce la leale collaborazione fra i contraenti.
Il diritto di esclusiva è previsto oltre che dal codice civile, dagli accordi economici collettivi e costituisce un elemento naturale, e non essenziale, del contratto di agenzia: le parti possono, pertanto convenzionalmente escluderlo o delimitarlo, mentre in difetto di specifica pattuizione esso troverà piena applicazione.
Secondo consolidati orientamenti giurisprudenziali, la deroga al diritto di esclusiva può essere non solo espressa, ma anche implicita nel comportamento delle parti.
L’inadempimento dell’obbligo di non concorrenza non produce effetti con riferimento alla validità del contratto e determinerà l’obbligo di risarcimento del danno ex art. 1218 c.c., salva la possibilità di richiedere anche la risoluzione del contratto per inadempimento ove questo sia di non scarsa importanza.
Per quanto concerne specificatamente il preponente, la giurisprudenza ha rilevato come l’esclusiva non comporti per lo stesso un vero e proprio divieto di concludere affari nella zona assegnata all’agente per il fatto che a quest’ultimo è comunque riconosciuto il diritto alla provvigione.
Pertanto, nel caso in cui il preponente vari unilateralmente l’esclusiva, concludendo affari dello stesso tipo o appartenenti alla zona o alla categoria o gruppo di clienti riservati all’agente, dovrà in ogni caso riconoscere a quest’ultimo la provvigione.
Diverso è il caso in cui il preponente organizzi la propria attività per concludere tali affari direttamente in maniera stabile e sistematica, in tal caso pregiudicando l’attività dell’agente che potrà naturalmente valersi delle tutele predisposte dal codice civile.
Abbiamo detto come sia pacificatamente riconosciuta la possibilità di derogare al diritto di esclusiva attraverso una tacita manifestazione di volontà desumibile, in via indiretta, purché in modo chiaro e univoco, dal comportamento tenuto al momento della conclusione del contratto ed anche successivamente nell’esecuzione. Nella pratica, dunque, spesso la deroga si manifesta in modo tacito, desumibile dal comportamento tenuto durante l’esecuzione del contratto.
Sul punto interessante è la pronuncia della Cassazione Civile del 9 ottobre 2007, n. 21073, con la quale è stato affermato: “Il diritto di esclusiva previsto dall’art. 1743 c.c. è elemento non essenziale ma naturale del contratto di agenzia e, quindi, può essere derogato dalle parti in forza di clausola espressa ovvero di una tacita manifestazione di volontà, desumibile dal comportamento tenuto dalle stesse parti sia al momento della conclusione del contratto, sia durante la sua esecuzione”. Nel caso specifico la Suprema Corte ha confermato la sentenza di merito che aveva ravvisato esservi una volontà contrattuale nel senso derogatorio al diritto di esclusiva dell’agente sia in ragione della sussistenza, in fase di stipulazione del contratto di agenzia, di una riserva di clienti in favore del proponente, sia della comprovata contemporanea presenza di più mandatari nella medesima zona in cui, durante il rapporto, aveva operato l’agente. Nello specifico caso esaminato dalla Corte di Cassazione risultò però, con riferimento al momento attuativo del rapporto, che più agenti operavano nella medesima zona e – pertanto – le provvigioni indirette dovevano essere necessariamente divise fra gli agenti.
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