Abbiamo già affrontato nel nostro blog la tematica dell’usucapione con gli approfondimenti di seguito riportati ai quali rimandiamo:
Con il presente elaborato valutiamo la problematica relativa alla possibilità di usucapire un bene comune da parte di uno dei comproprietari.
Nella pratica, si verifica spesso ad esempio che taluno dei comproprietari di un bene comune, pretenda di aver usucapito il bene a causa dell’inerzia dagli altri proprietari: si pensi ad esempio ad un bene indiviso tra membri appartenenti ad un unico nucleo familiare ovvero ad un immobile acquistato originariamente in comproprietà tra più persone.
Qualora si verifichino tali ipotesi colui che vorrà introdurre l’azione di usucapione deve dimostrare, non solo di avere goduto del bene in via d’esclusività, ma di averlo fatto escludendo gli altri comproprietari, cioè contrastando in maniera palese il loro comune diritto, così da evidenziare una pacifica e acclarata volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus.
Tali comportamenti rilevanti per provare l’usucapione possono sostanziarsi nell’esclusione totale dal possesso comune degli altri aventi diritto tramite riconduzione del bene nella sfera esclusiva di sua disponibilità.
Per poter introdurre la domanda di usucapione il comproprietario deve porre in essere una serie di atti integranti un comportamento durevole, tale da ingenerare un possesso esclusivo animo domini sulla cosa nella sua interezza.
Nei casi di possesso esclusivo del comproprietario assume altresì estrema rilevanza l’elemento temporale anche al fine di evitare l’eventuale eccezione da parte degli altri comproprietari, che i su descritti comportamenti possano configurarsi come meri atti di tolleranza da parte degli altri comproprietari.
Sul punto la Corte di Cassazione (cfr. Cass. Cv., 144/2007, Cass. Civ., 18360/2004) ha statuito che la breve durata e la transitorietà pur essendo, di regola, elementi essenziali per la configurabilità degli atti di tolleranza, non rilevano, ad esempio, in caso di vincolo di stretta parentela tra gli interessati.
È necessario, peraltro, che chi eccepisca tale tolleranza fornisca la prova positiva della sua esistenza, quale fatto impeditivo della tutela possessoria eventualmente invocata dalla controparte.
Pertanto secondo la Corte di Cassazione l’uso prolungato nel tempo di un bene non può essere normalmente compatibile con la mera tolleranza atteso che tale tolleranza di regola è configurabile solo nei casi di transitorietà e occasionalità.
Dunque, ai fini della decorrenza del termine per usucapire, sarà necessario escludere la tolleranza degli altri comproprietari e provare l’impossibilità assoluta per gli altri partecipanti di proseguire un rapporto materiale con il bene che si vuole usucapire.
La Suprema Corte, con la sentenza n. 10620/2020 ha statuito, dunque, con sentenza chiara e ben motivata, che il comproprietario di un bene immobile può usucapire il bene comune, quando compia atti e comportamenti che contrastano con il possesso altrui e che, invece, manifestano la sua intenzione di agire quale esclusivo proprietario.
Conclude, infatti, la Corte che “in tema di possesso ad usucapionem di beni immobili, la fattispecie acquisitiva del diritto di proprietà si perfeziona allorché il comportamento materiale continuo ed ininterrotto – attuato sulla res sia accompagnato dall’intenzione resa palese a tutti di esercitare sul bene una signoria di fatto corrispondente al diritto di proprietà, sicché – in materia di usucapione di beni oggetto di comunione – il comportamento del compossessore, che deve manifestarsi in un’attività apertamente ed obiettivamente contrastante con il possesso altrui, deve rivelare in modo certo ed inequivocabile l’intenzione di comportarsi come proprietario esclusivo”.
Qualora, dunque, un comproprietario riesca a provare la presenza nel caso concreto di tutti i requisiti previsti dalla legge per l’acquisto a titolo originario ai sensi degli artt. 1158 cod. cv. e ss. potrà agire in giudizio per il riconoscimento dell’acquisto per usucapione del bene comune.
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