La pronuncia in commento ha ad oggetto la complessa materia riguardante i rapporti patrimoniali intercorrenti tra i soggetti incaricati della gestione del servizio idrico integrato e le amministrazioni comunale ricadenti nel relativo ambito operativo (ATO) .
In breve i fatti all’origine del giudizio: un Comune ha chiesto al Gestore del servizio idrico integrato – cui il medesimo ente locale partecipa – il pagamento dei cc.dd. canoni patrimoniali non ricognitori quale controprestazione per l’occupazione permanente, mendiate la rete di condotte idriche, del patrimonio stradale comunale.
In particolare, il Comune aveva istituito siffatto canone con apposito regolamento sulla base di quanto previsto dall’art. 27, commi 7 e 8 del d.lgs. 285/1992 (codice della strada): ai sensi di quest’ultimo, infatti, ogni occupazione permanente del suolo e sottosuolo stradale può essere assoggetta, da parte dell’ente proprietario, al versamento di un canone a titolo di corrispettivo, proporzionale alla superficie sottratta all’uso pubblico e alla rilevanza della località ove l’occupazione ha luogo.
Il Gestore del servizio idrico insorgeva innanzi al Tar capitolino impugnando l’ingiunzione di pagamento, i regolamenti a fondamento del medesimo e la deliberazione consiliare contenente la determinazione delle tariffe per l’anno 2015.
A sostegno del gravame il ricorrente articolava molteplici censure principalmente riconducibili al contrasto tra la previsione del canone ad opera della norma regolamentare e l’articolo 153, comma 1, del Codice dell’Ambiente (D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152): quest’ultimo, infatti, statuisce che “le infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali ai sensi dell’articolo 143 sono affidate in concessione d’uso gratuita, per tutta la durata della gestione, al gestore del servizio idrico integrato, il quale ne assume i relativi oneri nei termini previsti dalla convenzione e dal relativo disciplinare”.
Il Tar Lazio con la pronuncia odierna ha aderito all’impostazione del ricorrente, chiarendo come l’espressa previsione della gratuità dell’affidamento delle infrastrutture sia idonea a esonerare il concessionario da qualunque onere per l’uso delle condutture sotterranee di distribuzione dell’acqua potabile, inclusi gli oneri derivanti dalla necessaria occupazione del suolo e sottosuolo stradale comunale. Una ricostruzione, quest’ultima, avvalorata dalla circostanza che la gestione del Servizio idrico integrato non è di per sé gratuita, stanti gli oneri concessori previsti dalla Convezione di gestione (i quali assolvono alla funzione di corrispettivo per i benefici economici derivanti dalla gestione del servizio).
Da ultimo il Tar, nel disporre l’annullamento in relazione ai predetti profili dei regolamenti comunali impugnati, ha rilevato altresì il proprio difetto di giurisdizione con riguardo all’ingiunzione di pagamento, la cui cognizione, ferma la sua rilevanza a sostegno dell’interesse a ricorrere, rientrerebbe nelle prerogative del giudice ordinario ai sensi dell’art. 133, primo comma, lett. c) del Codice del Processo amministrativo.
Diversamente da quanto stabilito dalla giurisprudenza amministrativa per gli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica (Cons. St., n. 6459/2014), l’odierna pronuncia esclude, dunque, la possibilità per le Amministrazioni comunali di esigere dai Gestori del servizio idrico integrato pagamenti ulteriori rispetto a quelli fissati nella Convenzione di gestione, inaugurando così un nuovo interessante filone giurisprudenziale (per le prime avvisaglie di questa evoluzione Cfr. Cons. St., Sez. V, 12 maggio 2016, n. 1926; Id., 28 giugno 2016, n. 2916).
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