La diffusione nella società moderna di interventi di chirurgia estetica ha dato adito ad una serie di contenziosi introdotti dai pazienti che hanno denunciato un inadempimento da parte del professionista. La giurisprudenza formatasi in materia consente di enucleare conseguentemente dei principi in materia di responsabilità del chirurgo estetico.
Preliminarmente si precisa che la c.d. chirurgia estetica, è una branca della chirurgia il cui fine è quello di migliorare la bellezza estetica del corpo e del viso del paziente.
La chirurgia estetica si differenzia dalla chirurgia plastica atteso che tale branca, invece, è volta alla correzione di difetti, lesioni e/o disturbi dovuti a malattie.
Nell’ambito della chirurgia estetica è richiesto al chirurgo un puntiglioso e dettagliato obbligo informativo.
Il chirurgo ha l’obbligo di illustrare al paziente non solo i rischi legati all’intervento ma anche di illustrare in maniera esaustiva la possibilità di conseguire o meno il richiesto miglioramento considerando quelle che sono le esigenze e le aspettative estetiche del paziente.
Dunque, il consenso informato deve basarsi su informazioni estremamente dettagliate tali da consentire al cliente di comprendere in pieno la natura e la portata dell’intervento medico-chirurgico cui si sottopone, i rischi e i risultati che si possono ottenere.
Preliminarmente si evidenzia che la branca della chirurgia estetica incontra un primo limite del dettato normativo dell’art. 5 del codice civile che statuisce che “Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente della integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume”
Per quanto concerne la responsabilità del chirurgo estetico è principio consolidato che l’obbligazione gravante sul chirurgo estetico è quella di far conseguire al paziente il miglioramento delle imperfezioni meramente estetiche.
L’obbligazione del chirurgo estetico è considerata un’obbligazione di risultato, piuttosto che di mezzi, atteso che nel momento in cui il paziente si sottopone ad un intervento chirurgico, lo fa in vista di un determinato risultato estetico e non certo per ottenere dal medico solo la rassicurazione che farà il possibile per raggiungerlo (cfr. Corte d’Appello Bari, 23 marzo 2022, n. 475).
Dunque, il risultato rappresentato dal miglioramento estetico dell’aspetto del paziente non è solo un motivo, ma entra a far parte del nucleo causale del contratto, determinandone la natura (Trib. Milano, 29 ottobre 2015, n. 12113).
Per quanto concerne l’onere della prova, il paziente, che eccepisca l’inadempimento del chirurgo estetico dovrà fornire prova della negligenza e imperizia del professionista, oltre al nesso causale.
Pertanto il paziente dovrà provare ad esempio la sussistenza di esiti estetici negativi conseguenti all’intervento, l’esistenza un nesso di causalità fra detti postumi e l’intervento eseguito dal chirurgo estetico.
Dovrà altresì dimostrare che la condotta del chirurgo estetico non è stata diligente dal punto di vista procedurale, che l’intervento chirurgico in esame risultava fra quelli di facile esecuzione e che conseguentemente non è stato effettuato con la diligenza richiesta dall’art. 1176 cod. civ.
Il chirurgo estetico invece dovrà provare l’inesistenza, irrilevanza e/o non imputabilità del dedotto inadempimento.
In assenza di negligenza o di imperizia, il chirurgo non risponde del mancato raggiungimento del risultato che il paziente si attendeva, fermo restando l’obbligo di illustrare al paziente in modo dettagliato il risultato che intendeva raggiungere, le modalità dell’intervento, e di prospettare realisticamente i rischi e le possibili conseguenze che potrebbero derivarne connesse (Cassazione civile, sentenza n. 12253/1997).
La Giurisprudenza ha statuito che il chirurgo estetico può essere chiamato a risarcire il danno alla salute solo se il paziente dimostri, anche tramite presunzioni, che, ove compiutamente informato, egli avrebbe verosimilmente rifiutato l’intervento, non potendo altrimenti ricondursi all’inadempimento dell’obbligo di informazione qualunque causale sul danno alla salute (cfr. Cass. Civ., ord. n. 8163/21).
Il paziente ha infatti l’onere di prestare la dovuta attenzione alle informazioni che gli vengono fornite dal chirurgo estetico, al fine di valutare l’opportunità di sottoporsi all’intervento, di cui andrà ad assumere consapevolmente il rischio prospettato dallo specialista (Trib. Milano, sentenza n. 824 del 2017).
Tutti questi principi sono stati recepiti dall’art. 76 bis del codice di deontologia medica, secondo cui «il medico, nell’esercizio di attività diagnostico-terapeutiche con finalità estetiche, garantisce il possesso di idonee competenze e, nell’informazione preliminare al consenso scritto, non suscita né alimenta aspettative illusorie, individua le possibili soluzioni alternative di pari efficacia e opera al fine di garantire la massima sicurezza delle prestazioni erogate».
Il risarcimento del danno comprenderà tutte le spese e i costi sostenuti in conseguenza delle lesioni subite, le eventuali spese per le successive cure e terapie ed i costi per le eventuali operazioni riparatorie.
Il risarcimento comprenderà anche il danno biologico, il danno da invalidità permanente e da inabilità temporanea sofferto dal danneggiato.
Potranno aggiungersi anche il danno morale ed il danno esistenziale, per tutte le conseguenze psicologiche che il peggioramento estetico ha causato nel paziente, in termini di afflizioni interiori, turbamenti psichici, problematicità e complicazioni nella vita relazionale e sociale del danneggiato.
Quando le lesioni hanno determinato una riduzione dell’attività lavorativa il paziente ha diritto al risarcimento del danni da lucro cessante, per il mancato guadagno avrebbe conseguito qualora non vi fosse stato l’errore, per la riduzione della sua capacità professionale e per le eventuali perdite di opportunità di lavoro.
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