Una questione che solitamente si verifica nella pratica e che è stata spesso oggetto d’esame nelle questioni sottoposte al nostro studio è quella relativa all’individuazione del momento in cui si acquista la qualità di erede.
Un importante spunto di riflessione è stato recentemente fornito dalla Ordinanza n. 30761 depositata in data 19 ottobre 2022 della Corte di Cassazione. Quest’ultima ha stabilito che la semplice presentazione della dichiarazione di successione non è sufficiente per l’acquisizione della qualità di erede.
La Corte di Cassazione Civile, con Ordinanza n. 30761 depositata in data 19 ottobre 2022 fissa alcuni principi in materia di successione ereditaria statuendo che l’accettazione dell’eredità deve desumersi da condotte espresse, tra le quali non rientra la presentazione della dichiarazione di successione da parte dei chiamati all’eredità.
Con il citato provvedimento la Corte di Cassazione si è pronuncia su una vicenda che vedeva coinvolti madre e figlio destinatari di un avviso di accertamento relativo alla tassa automobilistica per una vettura intestata, rispettivamente, al marito e padre deceduto.
Nella sentenza la Corte di Cassazione affronta il tema della delazione all’eredità (cfr. art. 457 cod. civ. ) e nel richiamare precedenti pronunce (cfr. Cass. Civ. n. 13639/2018 e Cass. Civ. n. 8053/2017), statuisce che la delazione, ovvero la chiamata all’eredità successiva all’apertura della successione, rappresenta un mero presupposto dell’assunzione della qualità di erede, ma non è sufficiente di per sé sola a fare assumere al chiamato tale qualità atteso che la legge non prevede alcuna presunzione in tal senso.
Secondo la Corte di Cassazione, dunque, la qualità di erede non può conseguire dalla semplice presentazione della dichiarazione di successione posto che tale adempimento ha valore di atto di natura meramente fiscale (Cass. Civ. n. 10729/2009, e Cass. Civ. n. 4783/2007).
Pertanto, l’elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto chiamato in giudizio come successore del de cuius è esclusivamente l’accettazione della eredità.
Tale principio ovviamente trova pacifica applicazione anche in materia tributaria, con la conseguenza che, come già affermato in altri precedenti giurisprudenziali (cfr. Cass. Civ., n. 8053/2017) l’assunzione delle obbligazioni tributarie proprie del de cuius richiede il possesso della qualità di erede, e non di mero “chiamato”, qualità che nasce solo in seguito all’ accettazione dell’eredità.
Con la sentenza 80513 del 29 marzo 2017 infatti la Corte di Cassazione aveva chiarito che “l’assunzione della qualità di erede non può certamente desumersi dalla mera chiamata all’eredità, né dalla denuncia di successione trattandosi di un atto di natura meramente fiscale (Cass. Sez. 2, n. 10729 del 2009) che non ha rilievo ai fini dell’assunzione della qualità di erede che consegue solo all’accettazione dell’eredità, espressa o tacita, la cui ricorrenza rappresenta un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio quale successore del de cuius (Cass. n. 6479 del 2002, Cass. n. 2849 del 1992)”.
Tale principio comporta un ulteriore corollario che può assumere grande rilevanza nelle controversie tra Contribuente e Amministrazione finanziaria.
Infatti, nel caso in cui il chiamato decida di esercitare il diritto alla rinuncia dell’eredità, sarà sempre onere dell’Amministrazione Finanziaria che deduce in giudizio la qualità di erede-successore nell’obbligazione tributaria, provare l’insussistenza dei relativi presupposti legittimanti la rinuncia e la decadenza dal medesimo diritto.
D’altra parte, specifica la Corte, l’Amministrazione Finanziaria, nel caso di uno stato protratto di delazione ereditaria, possiede diversi strumenti a tutela del credito vantato, ad esempio può ricorrere al Giudice al fine di far fissare un termine per l’accettazione, ovvero di far nominare un curatore dell’eredità giacente.
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