La Cassazione ha accolto il ricorso straordinario di Luigi Deambrosis e Gabriella Carsano, 75 e 63 anni che da anni lottano per riavere la figlia, nata a Torino nel 2010 e dichiarata adottabile dalla stessa Cassazione nel 2013, sulla base di un precedente abbandonico e della conseguente valutazione circa l’incapacità dei genitori per essere troppo anziani per occuparsi adeguatamente ed efficacemente della minore, confermando la sentenza della Corte d’Appello dell’anno precedente e quindi affidando la minore a due comunità e poi provvisoriamente ad alcune famiglie, impedendo così ogni contatto con i genitori naturali.
Tuttavia, dopo tre anni, la Cassazione ha dichiarato i genitori capaci di esperire la loro funzione asserendo altresì che la legge non prevede limiti di età per “chi intende generare un figlio“. Così, nell’annullare la sentenza, la Cassazione ha quindi stabilito il rinvio degli atti alla Corte d’Appello di Torino che dovrà stabilire se la coppia ha capacità genitoriale, “ma senza tenere conto della vicenda del presunto abbandono o anche solo della loro età”.
La questione problematica al centro della complessa vicenda attiene all’interrogativo che nei diversi gradi di giudizio si è posto all’attenzione delle Corti circa l’effettiva “capacità genitoriale” della coppia: una capacità di accudire la piccola, nata dopo un lungo calvario di fecondazioni assistite e ricoveri all’estero. Pertanto la questione connessa e correlata alla loro capacità genitoriale risiede nella necessità di bilanciare da un lato il perseguimento del superiore interesse della minore ad essere cresciuta ed accudita nel miglior nucleo familiare possibile, dall’altro il suo diritto a vivere e crescere all’interno della propria famiglia naturale, diritto che è sancito nelle nostre fonti interne, ed anche tutelato dalle fonti sovranazionali ed in particolare dalla Cedu.
Rispetto a tali considerazioni, va anche tenuto conto che, fino alla sentenza d’Appello, i genitori hanno potuto vedere la piccola saltuariamente, in un “luogo neutro” e ciò non è detto che consentirà di valutare se effettivamente esiste una buona relazione familiare. Infatti, ad oggi la minore, che ha 6 anni, potrebbe aver sviluppato relazioni valide con altri individui e quindi sarebbe difficile realizzare una nuova relazione genitoriale con i genitori naturali.
Nella vicenda in esame, si intrecciano varie posizioni giuridiche soggettive, da un lato la tutela del diritto alla genitorialità (anche nella correlata accezione di diritto alla procreazione) che, ad avviso della Cassazione quindi prescinde da limiti legati all’età dei genitori; dall’altro vi è la posizione soggettiva della minore che, nel perseguimento del suo best interest, deve essere collocata in via definitiva, nella realtà familiare maggiormente idonea a consentirle il miglior sviluppo psicofisico.
Sarà compito della Corte di Appello di Torino valutare se sarà possibile ritenere che la miglior crescita della minore possa effettivamente realizzarsi all’interno della propria famiglia di origine o meno.
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