Uno dei problemi più frequenti che si manifestano nel panorama giudiziario è l’occupazione senza titolo da parte di terzi di un immobile con la conseguenza che il proprietario si vede privato della possibilità di disporre del proprio bene con grave pregiudizio.
Per occupazione senza titolo si definisce la situazione di una persona che si trova nel possesso o nella detenzione di un bene in genere immobile senza avere un valido titolo giustificativo.
Tali fattispecie sovente si manifestano nel caso di separazione e/o divorzio.
Infatti, Nell’ambito del diritto di famiglia l’ipotesi di “occupazione senza titolo” che viene in considerazione è quella sostanzialmente riferibile al coniuge che permane nell’immobile (casa coniugale) in mancanza di assegnazione da parte del giudice e/o in caso di venire del diritto di occupazione derivante dall’assegnazione.
È sempre più frequente, infatti, l’ipotesi che il coniuge non rilasci l’immobile a favore del coniuge o del partner che ne è proprietario o del terzo acquirente.
La Cassazione a Sezioni Unite si è pronunciata sulla discussa questione e sulla relativa configurabilità del danno, con la sentenza n. 33645 del 15 novembre 2022 che sarà sicuramente rilevante per la definizione dei procedimenti attesa la formulazione dei principi di diritto in essa contenuti.
La Corte di Cassazione ritiene che nel caso di occupazione senza titolo dell’immobile danno sia in re ipsa in quanto l’oggetto del danno coincide con il contenuto del diritto violato.
Pertanto si può ritenere l’esistenza del pregiudizio per il solo fatto della violazione del diritto.
La Corte con la citata sentenza fa un passo ulteriore che assume una grande rilevanza ai fini dell’onere della prova: la Corte, infatti, ritiene che la locuzione “danno in re ipsa” debba essere sostituita con l’espressione “danno normale” o “danno presunto”, privilegiando la prospettiva della presunzione basata su specifiche circostanze da cui produrre il pregiudizio che si ritiene subito.
Pertanto, ed è qui la grande rilevanza della indicata prospettazione, atteso che la violazione del contenuto del diritto, integra un danno risarcibile, tale danno è suscettibile di tutela non solo reale ma anche risarcitoria.
Le Sezioni unite hanno dunque affermato i seguenti principi di diritto: “Nel caso di occupazione senza titolo di bene immobile da parte di un terzo, fatto costitutivo del diritto del proprietario al risarcimento del danno da perdita subita è la concreta possibilità di esercizio del diritto di godimento, diretto o indiretto mediante concessione del godimento ad altri dietro corrispettivo, che è andata perduta“.
Secondo la Corte, pertanto se il danno da perdita subita di cui il proprietario chiede il risarcimento, non può essere provato nel suo preciso ammontare, tale danno viene liquidato dal giudice “con valutazione equitativa, se del caso mediante il parametro del canone locativo di mercato“.
Tale conclusione è coerente considerando che, secondo la Corte il fatto costitutivo del diritto del proprietario al risarcimento del danno da mancato guadagno “è lo specifico pregiudizio subito, quale quello che, in mancanza dell’occupazione, egli avrebbe concesso il bene in godimento ad altri verso un corrispettivo superiore al canone locativo di mercato o che lo avrebbe venduto ad un prezzo più conveniente di quello di mercato“.
Dunque, il diritto al risarcimento nasce con l’occupazione senza titolo (o con il permanere dell’occupazione dopo la scadenza del titolo) ove questa pregiudichi la concreta possibilità del proprietario di godere del bene in modo diretto o indiretto (dandolo ad esempio in locazione).
L’evento di danno riguarda proprio il diritto di godere in modo pieno ed esclusivo dell’immobile e la conseguenza che ne deriva da tale impostazione è che il danno risarcibile è rappresentato dalla specifica possibilità di esercizio del diritto di godere che è andata persa quale conseguenza immediata e diretta della violazione, cagionata dall’occupazione abusiva.
Con tale impostazione, pertanto, il nesso di causalità giuridica si stabilisce tra la violazione del diritto di godere della cosa e la concreta possibilità di godimento che è stata persa a causa della violazione del diritto medesimo.
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