È di ieri la notizia dell’approvazione definitiva in Consiglio dei Ministri del nuovo decreto in materia di SCIA adottato dal Governo in attuazione della Legge Madia del 2015.
Con il nuovo intervento normativo si prevede l’introduzione dal 2017 della cd. SCIA unificata, un modulo unico, presentabile anche in forma telematica, valido su tutto il territorio nazionale e che dovrà essere disponibile sui portali istituzionali delle pubbliche amministrazioni.
Cambierà anche la funzione della ricevuta che le amministrazioni rilasceranno al deposito della SCIA: questa dovrà riportare i termini entro i quali l’amministrazione sarà tenuta a rispondere alla richiesta o entro i quali il silenzio equivarrà ad accoglimento dell’istanza.
Ne risulteranno incrementate anche le responsabilità per i dipendenti pubblici, che non potranno più domandare al privato documentazione non prevista dalla legge, pena l’applicazione di sanzioni disciplinari.
I recenti cambiamenti – anche se ancora parziali rispetto al complesso di interventi promessi dalla Legge Madia 2015 – si inscrivono in un lungo e faticoso percorso di evoluzione normativa intrapreso a partire dagli anni ’90, che ci ha finalmente condotto ad un decisivo punto di svolta nei rapporti tra cittadino e amministrazione: dai preesistenti sistemi autorizzativi stiamo giungendo ad un sistema fondato sulla prevalente liberalizzazione delle attività private.
La SCIA (art. 19, l. 7 agosto 1990, n. 241 s.m.i.) sostituisce infatti ad oggi tutti gli atti, permessi, nulla osta, assensi preventivi il cui rilascio dipenda unicamente dall’accertamento dei requisiti ivi comprese gli atti inerenti attività imprenditoriali, commerciali, artigianali, edilizie ad eccezione di quelle sottoposte a particolari ed individuati vincoli (ambientali, culturali, di difesa, sicurezza etc.).
Alla semplificazione e all’ampliamento delle possibilità per il privato ha trovato corrispondenza la progressiva riduzione dei margini discrezionali dell’amministrazione, la quale è rimasta titolare di un potere di inibizione dell’attività – esercitabile in sessanta giorni in caso di mancanza delle condizioni di legge – e del potere generale di autotutela, oggi incardinato nel limite temporale di diciotto mesi per effetto della Riforma Madia varata nell’agosto 2015.
Con la introduzione di un limite temporale all’esercizio dei poteri amministrativi ex post abbiamo assistito alla costruzione di un nuovo e rivoluzionario paradigma nei rapporti tra cittadini e pubbliche amministrazioni: i rapporti, tutti i rapporti tra p.a. e privati, sono destinati a consolidarsi in un arco temporale di diciotto mesi decorsi i quali all’amministrazione è precluso ogni intervento sugli assetti di interessi consolidati.
Ne risultano così invertiti i termini del rapporto tra amministrazione e cittadini: l’affidamento del privato in ordine alla liceità di una determinata sua condotta (così come alla validità di un determinato atto) diventa un limite definitivo e invalicabile all’esercizio del potere pubblico.
Per contro il privato vede incrementati i suoi strumenti di tutela e, corrispondentemente, le responsabilità delle amministrazioni: decorso il termine per l’esercizio dei poteri ex post l’amministratore che non abbia rilevato l’illegittimità di un’attività soggetta a SCIA o di un precedente atto amministrativo rimane infatti inesorabilmente esposto alle conseguenze civili, penali ed erariali delle sue omissioni.
A completamento di questa ultima tranche del percorso evolutivo della SCIA, non ci resta pertanto che attendere gli ulteriori interventi promessi dal Legislatore che perverranno con l’atteso Decreto Attuativo SCIA 2, provvedimento affidatario dell’incarico cruciale di fugare definitivamente le incertezze sorte intorno all’applicazione concreta dell’istituto attraverso l’individuazione nel dettaglio dei procedimenti rispettivamente soggetti a SCIA, a silenzio assenso, ad autorizzazione espressa e a comunicazione preventiva.
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