Come noto, è la priorità di ogni cittadino risparmiare energia, e lo sarà ancora di più grazie alle nuove normative della Comunità Europea. Anche il legislatore italiano, infatti, ha sentito questa esigenza e nel 2012 con la legge 220, ha introdotto l’articolo 1122 bis del Codice civile in materia condominiale, il quale al secondo e terzo comma espressamente prevede che “È consentita l’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili destinati al servizio di singole unità del condominio sul lastrico solare, su ogni altra idonea superficie comune e sulle parti di proprietà individuale dell’interessato.
Qualora si rendano necessarie modificazioni delle parti comuni, l’interessato ne dà comunicazione all’amministratore indicando il contenuto specifico e le modalità di esecuzione degli interventi.[…]”.
Questo articolo permette al singolo condomino di installare un impianto fotovoltaico sulle parti comuni a servizio della propria abitazione senza necessità di autorizzazione preventiva dall’assemblea, purché non comporti modifiche degli spazi comuni.
In tali casi, è obbligatorio comunicare all’amministratore le modalità specifiche degli interventi, che verranno poi valutate dall’assemblea convocata appositamente. L’assemblea, con la maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno due terzi del valore dell’edificio, può prescrivere soluzioni alternative e regolamentare l’uso delle parti comuni in caso di richieste multiple. Può anche subordinare l’installazione dei pannelli al versamento di una garanzia per eventuali danni alle parti comuni.
Nonostante la chiarezza del testo della norma, sono sorte diverse interpretazioni, inclusa quella che richiede necessaria l’autorizzazione preventiva dell’assemblea.
Sul punto, tuttavia, è intervenuta la Suprema Corte a fare definitiva chiarezza, con la Sentenza 1337/2023, statuendo che il singolo condomino può installare il proprio impianto fotovoltaico sulle parti comuni senza il consenso dell’assemblea, a condizione che l’impianto non modifichi gli spazi comuni utilizzati e rispetti la destinazione delle parti comuni, il diritto d’uso di ciascun condomino, la minimizzazione dei pregiudizi per le parti comuni o individuali, la stabilità, la sicurezza e il decoro architettonico dell’edificio.
L’assemblea può esprimere parere contrario al progetto, invitando il condomino a presentarne uno alternativo che rispetti le condizioni sopra elencate, ma non può vietare l’installazione.
L’unico obbligo del condomino è quello di comunicare all’amministratore se con il proprio progetto intende modificare le parti comuni; solo in questo caso, infatti, il voto contrario dell’assemblea può avere rilievo. In caso contrario, la delibera non necessita di essere impugnata secondo l’articolo 1137 del Codice Civile, poiché, una volta avvenuta la comunicazione, il condomino si è conformato a quanto previsto dall’articolo 1122 bis del Codice Civile, che specifica l’unico potere dell’assemblea di proporre modifiche al progetto, ma non di vietarlo.
Secondo consolidata giurisprudenza, la delibera dell’assemblea che si manifesta contraria al progetto avanzato dal singolo condominio, ha una valenza esclusivamente consultiva, in quanto non è idonea a generare alcun pregiudizio concreto al proprietario dell’immobile, il quale avrà pieno diritto di far installare i pannelli.
Pertanto, se sono rispettati i presupposti legislativi, non sussiste l’interesse del condomino a contestare la delibera di diniego davanti all’autorità giudiziaria.
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