Un imprenditore può essere assolto dall’accusa di omesso versamento delle ritenute certificate anche se il commercialista ha presentato i modelli 770. Questo perché la presentazione del modello 770 non prova di per sé la consegna dei CUD ai lavoratori.
Le informazioni riportate nel modello 770, infatti, non sono sufficienti a dimostrare il rilascio delle certificazioni, essendo solo un indizio che non può bastare in un giudizio, in virtù del canone dell’accertamento oltre ogni ragionevole dubbio che richiede prove più solide.
Pertanto, spetta al pubblico ministero l’onere di fornire ulteriori e differenti prove, sia orali, come le dichiarazioni dei lavoratori, sia documentali, oltre alla dichiarazione del modello 770.
La Corte di Cassazione ha ribadito questo principio nella sentenza 15410 del 15 aprile 2024, accogliendo il ricorso di un imprenditore condannato per omesso versamento delle ritenute. Secondo la Cassazione, in materia di omesso versamento di ritenute certificate, regolata dall’art. 10 bis del d.lgs. n. 74 del 2000, non è sufficiente ad integrare la fattispecie la sola formazione e sottoscrizione delle certificazioni. E’ necessaria anche la loro effettiva esternazione e consegna ai destinatari.
La Corte ha precisato che per integrare il “rilascio” ai sostituti delle certificazioni attestanti le ritenute operate dal datore di lavoro (quale sostituto d’imposta), è indispensabile che queste vengano materialmente consegnate, almeno ad alcuni dei destinatari, uscendo dalla sfera di disponibilità di chi le ha redatte (Cass. 25987/2020).
Inoltre, la Corte ha escluso che una verifica “a campione” delle certificazioni rilasciate sia sufficiente a una valutazione presuntiva dell’inadempimento. È necessario esaminare tutte le certificazioni per determinare se l’omesso versamento superi la soglia di punibilità prevista dalla legge (Cass. 13610/2019).
Pertanto, ha errato la corte di merito nel giudicare inverosimile la mancata consegna dei CUD ai dipendenti basandosi solo sulla presentazione dei modelli 770 da parte del commercialista e sulla conservazione dei CUD nella sua contabilità.
Va ricordato che la Corte Costituzionale, con la sentenza 175/22, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 7, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 158/2015, e dello stesso articolo 10 bis del decreto legislativo 74/2000, limitatamente alle parole «dovute sulla base della stessa dichiarazione o». Questi riferimenti erano in contrasto con l’articolo 25, comma 2 della Costituzione, perché esorbitavano dai limiti della delega legislativa. Il legislatore delegato aveva infatti ampliato indebitamente l’ambito applicativo della norma, aumentando la soglia di punibilità delle condotte da 50.000 a 150.000 euro e introducendo una nuova fattispecie penale per l’omesso versamento delle ritenute dovute sulla base della dichiarazione, indipendentemente dal rilascio delle certificazioni, che prima era considerato un illecito amministrativo tributario.
Di conseguenza, tornano applicabili i criteri interpretativi stabiliti dalla Cassazione (Cass. SS.UU. 24782/2018) prima della sentenza della Corte Costituzionale. Secondo tali criteri, per provare il rilascio delle certificazioni attestanti le ritenute, non è sufficiente la sola acquisizione del modello 770. È necessario fornire ulteriori prove che dimostrino effettivamente il rilascio delle certificazioni ai destinatari (Cass. 25987/2020).
In sintesi, la presentazione del modello 770 da parte del commercialista non basta a provare l’avvenuto rilascio delle certificazioni delle ritenute ai lavoratori. La giurisprudenza richiede prove più solide e complete, come dichiarazioni dei lavoratori o documenti supplementari, per accertare l’effettivo rilascio e, conseguentemente, l’omesso versamento delle ritenute.
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