In precedenti articoli pubblicati sul nostro sito, ai quali rimandiamo:
abbiamo analizzato le problematiche relative alla responsabilità professionale dell’Avvocato nell’assolvimento del mandato conferito dai propri assistiti.
Con il presente scritto analizzeremo la sentenza della Corte d’Appello di Milano, del 21 febbraio 2023 n. 577.
Con la sentenza indicata la Corte d’Appello di Milano ha definito il giudizio promosso nei confronti del legale da una sua assistita che chiedeva:
Il Tribunale aveva rigettato le domande di parte attrice.
La Corte d’Appello, nel riesaminare la sentenza di primo grado, delinea compiutamente i termini della responsabilità professionale ed evidenzia l’importanza del giudizio probabilistico o controfattuale che deve essere compiuto.
La Corte osserva che nelle attività professionali rese dal professionista è richiesta la diligenza corrispondente alla natura dell’attività esercitata (art. 1176 c.c., comma 2). Vale a dire è richiesta una diligenza qualificata dalla perizia e dall’impiego di strumenti tecnici adeguati al tipo di prestazione dovuta.
In punto di diritto, la sentenza richiama i principi consolidati della Corte di Cassazione (cfr. Cass. 24544/2009) precisando che: “la responsabilità professionale deriva dall’obbligo (art. 1176 c.c., comma 2 e art. 2236 cod. civ.) di assolvere, sia all’atto del conferimento del mandato che nel corso dello svolgimento del rapporto (anche) ai doveri di sollecitazione, dissuasione ed informazione del cliente, ai quali sono tenuti: a rappresentare tutte le questioni di fatto e di diritto, comunque insorgenti, ostative al raggiungimento del risultato, o comunque produttive del rischio di effetti dannosi; di chiedergli gli elementi necessari o utili in suo possesso; a sconsigliarlo dall’intraprendere o proseguire un giudizio dall’esito probabilmente sfavorevole”.
La Corte d’Appello rileva che l’Avvocato deve considerarsi responsabile nei confronti del cliente in caso di incuria o di ignoranza di disposizioni di legge ed, in genere, nei casi in cui per negligenza o imperizia compromette il buon esito del giudizio.
Con tale pronuncia si ribadisce (il principio è oramai pacifico) che è onere del cliente che sostiene di aver subito un danno provare:
Si rileva che la Cassazione è granitica in materia e con varie pronunce ha statuito che “la responsabilità del prestatore di opera intellettuale nei confronti del proprio cliente per negligente svolgimento dell’attività professionale presuppone la prova del danno e del nesso causale tra la condotta del professionista ed il pregiudizio del cliente e, in particolare, trattandosi dell’attività del difensore, l’affermazione della responsabilità per colpa professionale implica una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito favorevole dell’azione giudiziale che avrebbe dovuto essere proposta e diligentemente seguita” (Cass. 9 giugno 2004 n. 10966; Cass. 19 novembre 2004 n. 21894; Cass. 18 aprile 2005 n. 7997, Cass. 9917/2010; Cass. 13873/2020).
Dunque, la responsabilità dell’Avvocato non può essere eccepita per il solo fatto del suo non corretto adempimento dell’attività professionale: ai fini dell’accertamento di tale responsabilità è essenziale verificare:
Nella sentenza qui esaminata si evidenzia che è imprescindibile porre in essere quel giudizio probabilistico o controfattuale, ovvero deve essere posta in essere quella particolare operazione intellettuale mediante la quale, supponendo assente una specificata condizione (l’inadempimento del professionista), la Corte è tenuta a chiedersi se la medesima conseguenza (il pregiudizio sofferto dal danneggiato) si sarebbe comunque verificata:
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