Tra le tante novità introdotte dal D.lgs. 25 maggio 2016, n. 97 (recante “Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza”), l’introduzione di una nuova forma di accesso civico ai dati e ai documenti pubblici (nuovo art. 5, d.lgs. n. 33/2013) merita sicuramente la più importante, poiché in grado di incidere in modo significativo sul rapporto tra cittadini/imprese e Pubbliche Amministrazioni.
Con questo Decreto Legislativo assistiamo, infatti, alla ridefinizione del concetto stesso di ‘trasparenza’ amministrativa, la quale viene perseguita, da un lato, mediante una accessibilità totale ai dati e dei documenti detenuti dalle PP.AA. da parte dei cittadini (v. nuovo art. 1, Dlgs. n. 33/2013, come novellato dall’art. 2, del Decreto ‘Trasparenza’), e dall’altro tramite la pubblicazione di documenti e informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle stesse (v. nuovo art. 2, Dlgs. n. 33/2013, come novellato dall’art. 3, del Decreto ‘Trasparenza’).
In base al nuovo accesso civico, chiunque, indipendentemente dalla titolarità di situazioni giuridicamente rilevanti, può accedere a tutti i dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni (nel rispetto di alcuni limiti tassativamente indicati dalla legge, quali ad esempio la sicurezza nazionale, l’ordine pubblico, relazione internazionali, svolgimento di indagini su reati ed altre attività ispettive), ivi compresi quei dati e quei documenti per i quali non esiste l’obbligo di pubblicazione ovvero quelle informazioni elaborate dalle Amministrazioni stesse. L’istanza di accesso (trasmessa anche per via telematica) deve avere forma scritta e può essere priva di motivazioni. Il Decreto ‘Trasparenza’ conferma, peraltro, la gratuità del rilascio delle informazioni e dei documenti richiesti (esclusi, ovviamente, i costi di riproduzione), rispetto ai quali viene meno anche l’obbligo di indicazione chiara e puntuale da parte del richiedente.
Rispetto alla disciplina sulla accesso di cui agli artt. 22 e ss, l. n. 241/1990, le differenze sono notevoli: dal punto di vista della legittimazione attiva, l’istanza di accesso non deve presentare alcuna motivazione, né è necessaria la dimostrazione della titolarità di un interesse diretto, concreto e attuale – giuridicamente rilevante e tutelabile – collegata al documento richiesto. Dal punto di vista oggettivo, però, i limiti alla nuova forma di accesso civico risultano essere più generici rispetto a quelli (ben individuabili) di cui all’art. 24, l. n. 241/1990. Su questo aspetto, sarà dunque la giurisprudenza amministrativa, attraverso la sua casistica, a delineare compiutamente limiti e potenzialità di questo nuovo istituto.
Sotto il profilo procedurale, merita rilevare che l’Amministrazione deve provvedere entro e non oltre trenta giorni, decorsi i quali l’istanza si intende respinta; inoltre, in presenza di controinteressati, l’Amministrazione destinataria della richiesta di accesso è tenuta a darne comunicazione agli stessi, i quali, entro dieci giorni dalla ricezione della comunicazione, possono presentare opposizione. Decorso tale termine, la pubblica amministrazione provvede sulla richiesta. Nei casi di diniego totale o parziale dell’accesso o di mancata risposta entro il termine previsto, il richiedente può, ovviamente, ricorrere al Tribunale amministrativo regionale competente.
Da segnalare, infine, che l’art. 8 del decreto stabilisce il diritto di accedere comunque – mediante accesso civico – ai dati, alle informazioni e ai documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria, anche se decorso il termine di cinque anni dal suddetto obbligo di pubblicazione.
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