In molti si domandano se Whatsapp sia o meno un mezzo di comunicazione sicuro, se i contenuti che vengono scambiati siano conoscibili da terzi e cosa accade esattamente ai nostri messaggi una volta trasmessi.
In particolare, la privacy preoccupa gli utenti dell’App verde sotto due principali profili: da un lato ci si interroga se i contenuti che trasmettiamo vengano archiviati e se sia possibile che ne vengano in possesso soggetti terzi; per altro verso si teme l’uso che, coscienti o meno, consentiamo all’App di fare dei nostri dati personali presenti sul nostro smartphone.
Al primo quesito è possibile rispondere, in linea di massima, negativamente. I messaggi che inviamo attraverso Whatsapp sono trasmessi mediante una crittografia end to end: tutti i contenuti sono protetti con un lucchetto informatico, la cui chiave è in possesso unicamente del mittente e del destinatario del messaggio; ogni messaggio genera un’unica chiave, sempre diversa e decifrabile solo dal mittente e dal destinatario. I messaggi, una volta letti, non sono conservati da Whatsapp, la quale peraltro a questo scopo avrebbe dovuto munirsi di un sistema di storage di dimensioni spropositate.
Fanno eccezione i casi in cui la conservazione dei messaggi sia stata preventivamente oggetto di espressa richiesta da parte dell’autorità giudiziaria: in questa ipotesi, come nel caso in cui il device sul quale è installata l’applicazione sia oggetto di sequestro, i messaggi e i contenuti multimediali sono conoscibili dalla magistratura e possono chiaramente costituire materiale probante.
Diversa è la questione riguardante gli usi, non già dei contenuti inviati attraverso l’App, ma dei dati personali cui consentiamo a Whatsapp di accedere. A titolo di esempio, per adoperare le funzioni di messaggistica l’utente consente a Whatsapp di conoscere il proprio numero di telefono e la propria lista contatti; per condividere immagini e contenuti media occorre consentire all’App di accedere alla propria galleria; per condividere con un altro utente la propria posizione è necessario consentire a Whatsapp di geolocalizzarci.
Secondo le policy diffuse da Whatsapp questa può:
– adoperare le informazioni in proprio possesso anche per migliorare, personalizzare e commercializzare i suoi Servizi e quelli del Gruppo di società di cui fa ora parte (Facebook);
– offrire il marketing per i servizi del Gruppo di società di Facebook di cui fa ora parte.
Inoltre, sempre in base alle Policy, Facebook potrà a sua volta adoperare le informazioni raccolte da Whatsapp per fornire agli utenti suggerimenti quali collegamenti o contenuti interessanti.
In conclusione, è lecito domandarsi che fine facciano e per quali finalità Facebook e Whatsapp trattino le nostre informazioni, i nostri dati personali e i nostri contenuti multimediali: nei termini – assai generici – in cui è posto, il consenso privacy richiesto dall’App verde prevede infatti che i propri utenti autorizzino anche Facebook ad adoperare le loro informazioni, e ciò indipendentemente dal fatto che si tratti di utenti anche di Facebook.
Sul punto occorrerà attendere le rilevazioni del Garante Privacy che, come abbiamo già avuto modo di rilevare, sulle nuove policy di Whatsapp ha avviato un’istruttoria. Nel frattempo, tuttavia, è ragionevole ritenere che ad oggi tutte le informazioni cui abbiamo consentito a Whatsapp di accedere siano già entrate nella disponibilità del social network.
Studio Lagale Salata
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