In altri articolo presenti sul nostro sito (https://www.studiosalata.eu/aspetti-contrattuali-della-professione-di-influencer-perche-rivolgersi-allo-studio-legale-salata-di-roma e https://www.studiosalata.eu/la-professione-di-influencer-in-italia-perche-affidarsi-allo-studio-legale-salata-di-roma/), abbiamo evidenziato come gli influencer devono navigare un intricato mosaico di norme legali per assicurare che i loro accordi commerciali siano validi e protettivi e le difficoltà legate a tale attività.
L’attività dei creatori di contenuti digitali è sotto la lente di ingrandimento sia della Guardia di Finanza che dell’Agenzia delle Entrate, e forse una spinta a più severi controlli si è avuta in seguito allo scandalo Ferragni, il c.d. Pandoro Gate.
La cooperazione tra la Guardia di Finanza e l’Agenzia delle Entrate si sviluppa attraverso l’analisi e la valorizzazione dei dati disponibili e delle informazioni acquisite tramite le rispettive banche dati e applicativi, nonché quelle ottenute tramite la cooperazione internazionale in materia fiscale.
Nonostante nel TUIR (DPR 22 dicembre 1986, n. 917 e s.m.i.) non vi sia una normativa specifica che disciplini in maniera organica il trattamento fiscale dei proventi derivanti dall’attività di influencer, è possibile affermare che i compensi percepiti dagli influencer dovrebbero rientrare, salvo che l’attività non sia svolta e organizzata in forma d’impresa, nella categoria dei redditi di lavoro autonomo ai sensi dell’articolo 53 del TUIR stesso.
In passato, le attività che generavano reddito sfruttando l’immagine presupponevano che la notorietà del personaggio fosse stata acquisita per altri meriti (ad esempio sportivi), e quindi erano considerate attività occasionali e saltuarie collegate a un’attività principale.
Oggi, la figura e la rilevanza sociale e mediatica che l’attività di influencer ha assunto nella nostra società tramite le varie piattaforme e i social media, e la conseguente notorietà acquisita, determina di per sé la generazione di reddito.
Si può ritenere, conseguentemente, che l’attività principale degli influencer è quella di un impegno professionale continuo per promuovere la propria immagine e, di conseguenza, per pubblicizzare prodotti.
In tema di imposte con la sentenza n. 219/2/2023 della Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado del Piemonte, relativa al c.d. caso Ronaldo, i Giudici hanno indicato dei principi in ordine al quadro fiscale degli influencer.
I giudici sottolineano come l’immagine del personaggio famoso, in quanto tale, costituisca di per sé un valore economico, la cui promozione rappresenta un’attività professionale di lavoro autonomo ai sensi dell’articolo 53, comma 1, del TUIR. Ne consegue che i redditi derivanti da tale attività devono essere determinati come differenza tra l’ammontare dei compensi ricevuti e le spese sostenute nell’esercizio dell’attività professionale.
Dal punto di vista delle imposte indirette, qualora l’attività degli influencer venga qualificata come lavoro autonomo, essa diviene rilevante ai fini IVA. L’articolo 9 della Direttiva 2006/112/CE (Direttiva IVA) qualifica come soggetto passivo IVA chiunque eserciti, in modo indipendente, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.
La normativa comunitaria è stata recepita dall’articolo 4 del DPR n. 633/1972, che definisce il concetto di esercizio di impresa o professione abituale, anche non esclusiva, ai fini IVA.
In questo contesto, un influencer che opera professionalmente potrebbe essere considerato soggetto passivo IVA e quindi obbligato all’apertura di una posizione IVA.
Sebbene non esista un codice Ateco specifico per gli influencer, generalmente vengono utilizzati i codici 73.11.02 (“Conduzione di campagne di marketing e altri servizi pubblicitari“) o 74.90.99 (“Altre attività professionali n.c.a.”).
In caso di mancata apertura della posizione IVA, l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza potrebbero contestare il recupero dell’imposta con sanzioni amministrative elevate, e, in presenza di determinate condizioni, potrebbe essere contestato anche il reato di omessa o infedele dichiarazione.
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