Nella prassi è nota e diffusa la sottoscrizione di un contratto preliminare di compravendita di un immobile che preveda come condizione sospensiva della stipula dell’atto definitivo l’erogazione del mutuo, a favore del promissario acquirente, da parte di un Istituto bancario.
La dottrina e la giurisprudenza hanno a lungo discusso in ordine alla validità della clausola contenuta nel contratto preliminare con la quale si subordina la sua efficacia, e quindi l’obbligo della stipula del contratto di vendita, all’erogazione da parte di un istituto bancario di un mutuo per potere pagare il prezzo pattuito per la vendita (c.d. clausola condizionale sospensiva).
Con la sentenza dell’1.09.2018 n. 22046 la Corte di Cassazione si è pronunciata sul punto, statuendo che è efficace la clausola che subordina gli effetti della vendita alla concessione del mutuo in favore dell’acquirente, non trattandosi di una condizione meramente potestativa ossia di una condizione rappresentata da un fatto volontario, il cui compimento o la cui omissione è legata non a circostanza oggettive ma esclusivamente al mero arbitrio della parte, svincolato da qualsiasi razionale valutazione di opportunità e convenienza, sì da manifestare l’assenza di una seria volontà.
La Corte ha specificato che “Nel caso in cui le parti subordinino gli effetti di un contratto preliminare di compravendita immobiliare alla condizione che il promissario acquirente ottenga da un istituto bancario un mutuo per poter pagare in tutto o in parte il prezzo stabilito – patto di cui non è contestabile la validità, poiché i negozi ai quali non è consentito apporre condizioni sono indicati tassativamente dalla legge -, la relativa condizione è qualificabile come “mista”, dipendendo la concessione del mutuo anche dal comportamento del promissario acquirente nell’approntare la relativa pratica, ma la mancata concessione del mutuo comporta le conseguente previste in contratto, senza che rilevi, ai sensi dell’art. 1359 cod. civ. un eventuale comportamento omissivo del promissario acquirente, sia perché tale disposizione è inapplicabile nel caso in cui la parte tenuta condizionatamente ad una data prestazione abbia anch’essa interesse all’avveramento della condizione, sia perché l’omissione di un’attività in tanto può ritenersi contraria a buona fede e costituire fonte di responsabilità, in quanto l’attività omessa costituisca oggetto di un obbligo giuridico, e la sussistenza di un siffatto obbligo deve escludersi per l’attività di attuazione dell’elemento potestativo in una condizione mista”.
A tale pronuncia si sono conformati i Tribunali (cfr. Trib. Novara n. 48/2021; Corte d’Appello di Milano del 10 maggio 2022 n. 1540; Trib. Modena n. 900/2019; Trib Roma, 7 novembre 2019, n. 21403).
In tali ipotesi, secondo la giurisprudenza citata, il vincolo negoziale è venuto meno per effetto del mancato avveramento della condizione apposta in contratto, così come peraltro espressamente previsto dalle parti e nessuna censura può essere mossa in relazione al comportamento del promissario acquirente.
Se l’Istituto bancario eroga la somma richiesta a titolo di mutuo a favore del promissario acquirente, il contratto preliminare acquisirà efficacia fin dal momento della sua stipula e quindi le parti saranno giuridicamente obbligate a stipulare il contratto definitivo di vendita.
In caso di mancata conclusione del contratto di mutuo, il contratto preliminare, la cui efficacia era stata subordinata all’erogazione del mutuo, non acquisirà efficacia.
Pertanto, non sorgerà in capo alle parti l’obbligo di addivenire alla stipula del contratto di vendita. Se è stata versata dal promissario acquirente al promittente venditore una somma a titolo di caparra confirmatoria (cfr. art. 1385 cod. civ.) la stessa dovrà essere restituita (cfr. Corte d’Appello di Roma, 15.03.2018, n. 1666/2018).
La Corte d’Appello ha statuito che ex art. 1353 cod. civ. che “il contratto preliminare può subordinare la conclusione del contratto definitivo alla condizione sospensiva della concessione di un finanziamento da parte di un terzo”.
Tale clausola si qualifica come condizione sospensiva dell’obbligazione posta a carico del promissario acquirente, con la conseguenza che lo stesso non potrà essere ritenuto inadempiente sino a quando non si sarà verificata la condizione.
Dunque, nell’ambito dell’autonomia privata, le parti possono apporre al contratto una condizione sospensiva anche nell’interesse esclusivo di uno solo dei contraenti, il quale resta, di conseguenza, libero di avvalersene o di rinunciarvi, sia prima che dopo il non avveramento della stessa, senza possibilità per la controparte di ostacolarne la volontà (Cass. Civ., 5 agosto 2011, n. 17059; Cass. Civ., 10.04.2012, n. 5962), rimanendo, però, necessaria la previsione e l’accettazione di tale clausola da entrambe le parti del contratto, cosi che emerga in maniera chiara la volontà di entrambe le parti di subordinare l’efficacia del preliminare alla condizione che il promissario acquirente ottenga il mutuo.
L’effetto retroattivo ex art. 1360 cod. civ., dell’avveramento o del non avveramento della condizione al tempo della conclusione del contratto opera automaticamente e determina l’obbligo della parte che ha percepito la caparra alla restituzione della stessa all’altra parte contrattuale.
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