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Data Aggiornamento: Giugno 2021

Buche stradali

Quello delle buche stradali è un fenomeno purtroppo molto diffuso nella grandi città italiane. Molto spesso il dissesto del manto stradale e dei marciapiedi è fonte di danno per automobili e pedoni.

Chi è responsabile del danno da buche stradali?

Tanto in caso di sinistro provocato ad un veicolo quanto nell’ipotesi di danno subito dal pedone derivanti dal dissesto stradale, il soggetto a cui rivolgere le istanze risarcitorie è l’ente proprietario della strada.

Ai sensi dell’art. 2051 c.c., infatti, ognuno è responsabile delle cose che ha in custodia e dei danni provocati a terzi, salvo che provi il caso fortuito. Tanto basta a presumere, salva prova contraria, la responsabilità dell’ente gestore delle strade che, nella maggior parte dei casi, coincide con il Comune.

A ribadire la responsabilità dell’ente proprietario della strada è inoltre l’art. 14 del Codice della Strada che specifica puntualmente compiti ed obblighi di tale soggetto, tra i quali vi sono il dovere di “manutenzione, gestione, pulizia”, nonché il dovere di controllare l’efficienza tecnica delle strade in gestione.

I danni ai veicoli

Una delle ipotesi più frequenti di danno provocato da buche stradali è quello ai veicoli.

In tali casi la richiesta di risarcimento danni deve indirizzarsi all’ente responsabile e dovrà essere correlata, ai fini dell’ottenimento del risarcimento, da idonea documentazione dalla quale è dato evincere il danno subito e la correlazione tra danno e cattivo stato del manto stradale (fotografie, verbali dell’autorità intervenuta ecc.).

Rientrano certamente in tale tipologia di danni:

  • i danni causati al veicolo dalla presenza di una buca non segnalata;
  • il danno causato al veicolo nell’ipotesi di buca stradale ricoperta di acqua piovana;
  • danni subiti a causa del manto stradale in cattivo stato di manutenzione, non drenante o ricoperto da fogliame;

Il danno subito dal pedone

Il cattivo stato di manutenzione delle strade e dei relativi marciapiedi può altresì causare danni fisici ai soggetti che li percorrono.

Anche in tali ipotesi, può essere avanzata richiesta di risarcimento dei danni all’ente proprietario della strada, fornendo idonea documentazione a sostegno della richiesta. Ovviamente non potranno mancare, oltre ai documenti da cui si evince il dissesto stradale, anche la relativa documentazione attestante i danni fisici patiti in conseguenza del sinistro.

Costituiscono esempi di danni risarcibili:

  • le lesioni derivanti dalla caduta a causa di una buca non segnalata;
  • le lesioni subite in conseguenza della caduta in una buca coperta d’acqua piovana, non visibile o non segnalata;
  • i danni fisici derivanti da un ostacolo non segnalato presente sulla via;
  • i danni fisici provocati dal manto stradale scivoloso a causa dell’omessa pulizia o manutenzione;

A chi spetta provare il danno?

Un aspetto di estrema rilevanza ai fini del risarcimento del danno concerne l’onere probatorio. Trattasi di un tema controverso, che ha generato, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza, opposte interpretazioni.

Ed infatti, sul punto, si segnala l’orientamento giurisprudenziale in virtù del quale l’automobilista o il pedone vittima di sinistro causato dal dissesto stradale, oltre a fornire la prova del danno, con particolare riguardo al nesso di causalità tra stato dei luoghi e danno subito, dovrebbe altresì fornire la prova dell’insidia e della pericolosità dei luoghi.

Per meglio dire, il risarcimento sarebbe riconosciuto solo qualora la fonte del danno (ad esempio la buca) rappresenti un’insidia inevitabile con l’uso dell’ordinaria diligenza ed accortezza richiesta al pedone o all’automobilista (ex multis Corte di cassazione, sent. n. 18865/2015).

Cosa deve essere provato?

Recentemente, la giurisprudenza di legittimità ha sposato un nuovo orientamento che, pur confermando la necessità per il soggetto danneggiato di dare prova della dipendenza del danno subito dallo stato della strada (nesso di causalità), lo dispensa dall’onere di fornire anche la prova della pericolosità del luogo (ex multis Corte di Cassazione, ordinanza n. 17625/2016).

Ed infatti, i richiamati articoli di legge attribuiscono al custode proprietario la responsabilità per i danni provocati dalla cosa in custodia, escludendola in presenza di caso fortuito o forza maggiore: ipotesi che, ovviamente, vengono meno una volta accertato il nesso di causalità tra “cosa in custodia” e “danno”, senza necessità di stabilire che la “cosa” sia pericolosa.

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