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Data Aggiornamento: Agosto 2021

Attuazione della Direttiva 2012/29/UE, verso uno “Statuto” delle vittime da reato.

Il D.Lgs. 15 dicembre 2015 n. 212, pubblicato sulla G.U. n. 3 del 5 gennaio 2016 ha dato attuazione in Italia alla direttiva 2012/29/UE, in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato.

Cambia la stessa definizione di “vittima di reato”. Infatti, la nozione europea include sia la persona offesa, sia, in caso di decesso di questa a causa dell’illecito, i suoi familiari, ivi incluse le persone con essa conviventi in situazioni affettive stabili e continue. Vi è pieno riconoscimento, quindi, anche per quanto riguarda la legittimazione processuale, alle situazioni di fatto in cui sussiste una relazione stabile non formalizzata.

Sono stati potenziati gli strumenti di informazione e partecipazione della vittima al processo, in particolare attraverso l’obbligo di informazione in una lingua comprensibile allo straniero. Le vittime di reati contro la persona avranno inoltre diritto ad essere informati della scarcerazione o della cessazione di misure restrittive nei confronti dell’’autore del reato e delle particolari misure di protezione di cui la stessa può beneficiare. Si potranno impugnare le decisioni di non luogo a procedere e saranno garantite forme di partecipazione al processo affinché la persona offesa sia messa a riparo da fenomeni di vittimizzazione secondaria.

Il complesso delle modifiche mira a creare uno “statuto” delle vittime di reato che contemperi equamente gli interessi in gioco, nel rispetto della dignità della persona, della effettività della tutela, da un lato, e della salvaguardia di un pieno contraddittorio con il testimone vulnerabile, dall’altra, attraverso l’uso, ove possibile, dell’incidente probatorio, che da eccezione diventa regola. Tale evoluzione si pone in linea con i precedenti interventi normativi che hanno visto progressivamente allargare l’area d’intervento in favore delle vittime vulnerabili, (minori, portatori di handicap, donne in stato di vulnerabilità) senza negare un “diritto al confronto” con l’accusatore, sufficientemente rispettoso degli standard probatori europei.

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