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Data Aggiornamento: Marzo 2025

Appalto genuino o interposizione fittizia di manodopera?

Un tema fortemente problematica e spesso oggetto di contenzioso riguarda la distinzione tra un appalto genuino e un’interposizione fittizia di manodopera, che può essere mascherata da contratti di appalto di lavori, servizi e forniture.

Nell’ottica di fare chiarezza sul punto, il legislatore ha delineato dei criteri per differenziare l’interposizione illecita da un appalto c.d. genuino, che prevedono:

  • un’organizzazione dei mezzi;
  • l’esercizio di un potere direttivo;
  • il rischio d’impresa assunto dall’appaltatore.

Tuttavia, questi criteri devono essere applicati e valutati tenendo conto delle circostanze specifiche del caso concreto, atteso che l’esercizio da parte del committente del potere di orientare le prestazioni dei dipendenti dell’appaltatore non implica necessariamente ed automaticamente un’interposizione illecita.

Per contro, l’uso da parte dell’appaltatore di attrezzature fornite dal committente non è di per sé indice di illegittimità. In questo articolo, esploreremo le caratteristiche che definiscono un appalto genuino e i principi stabiliti dalla giurisprudenza.

I criteri distintivi tra appalto genuino e interposizione illecita

Secondo l’articolo 1655 del Codice Civile, “l’appalto è il contratto con il quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro.”

A individuare i criteri distintivi tra un appalto genuino e un’interposizione illecita è intervenuto il D.lgs. n. 276/2023 all’art. 29 che, espressamente li identifica in:

  1. Organizzazione dei mezzi da parte dell’appaltatore.
  2. Esercizio del potere organizzativo e direttivo da parte dell’appaltatore nei confronti dei lavoratori impiegati nell’appalto.
  3. Assunzione del rischio d’impresa da parte dell’appaltatore.

Pertanto, un appalto si considera genuino quando l’appaltatore non agisce da intermediario, ma come un vero imprenditore, che impiega la propria organizzazione e si assume i rischi legati alla realizzazione dell’opera o del servizio. L’interposizione illecita, invece, si verifica quando l’appaltatore fornisce esclusivamente manodopera, senza una propria organizzazione imprenditoriale.

L’esercizio del potere organizzativo e direttivo

Il potere dell’appaltatore di organizzare e dirigere i lavoratori è un elemento cruciale nella distinzione tra appalto genuino e interposizione illecita. Tuttavia, è importante precisare che il committente può orientare la prestazione dei dipendenti dell’appaltatore alla realizzazione del suo interesse, senza che ciò costituisca necessariamente interposizione illecita.

Il committente, infatti, ha il diritto di verificare l’esecuzione del lavoro e di fornire indicazioni operative ai dipendenti dell’appaltatore, come previsto dall’art. 1662 c.c. La giurisprudenza sottolinea che l’indicazione da parte del committente dei tempi e delle modalità di esecuzione non configura di per sé interposizione illegittima di manodopera, purché l’appaltatore mantenga una struttura imprenditoriale autonoma e assuma il rischio d’impresa (Cass. 15557/2019).

L’organizzazione dei mezzi necessari

Un altro criterio distintivo è l’organizzazione dei mezzi necessari per l’esecuzione dell’appalto. Se l’appaltatore utilizza risorse fornite dal committente, ciò non implica automaticamente un’interposizione illecita. L’utilizzo di capitali, attrezzature o macchinari messi a disposizione dal committente non configura un’interposizione illecita a meno che il predetto conferimento di mezzi non riduca in modo significativo il contributo dell’appaltatore, rendendolo marginale.

La giurisprudenza ha affermato che l’appaltatore non è in violazione delle norme se, nonostante l’uso di mezzi forniti dal committente, contribuisce in modo significativo con capitali, competenze e risorse proprie, che hanno un ruolo determinante nell’economia dell’appalto (Cass. 31127/2021). Inoltre, in appalti che non richiedono l’impiego di grandi mezzi, ma si basano principalmente sul lavoro, l’elemento decisivo per qualificare il rapporto come un appalto genuino è l’organizzazione del lavoro da parte dell’appaltatore (Cass. 21413/2019).

Conclusioni e ultime considerazioni

L’appalto genuino è caratterizzato dall’autonomia dell’appaltatore nell’organizzare i propri mezzi e nel gestire i propri dipendenti, assumendosi il rischio d’impresa. Tuttavia, il committente può esercitare una certa supervisione, orientando l’attività dell’appaltatore per il conseguimento dei propri obiettivi, senza che questo costituisca un’interposizione illecita di manodopera.

L’utilizzo di mezzi forniti dal committente non comporta necessariamente l’illegittimità dell’appalto, a meno che l’apporto dell’appaltatore non sia ridotto a un ruolo meramente marginale. Pertanto, la corretta qualificazione di un rapporto di appalto deve tener conto della reale organizzazione imprenditoriale dell’appaltatore e della sua assunzione del rischio d’impresa.

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