Il trust è un istituto giuridico di stampo anglosassone, che sta prendendo sempre più piede in Italia. Per tale motivo riteniamo possa essere utile una sintetica disamina della sua natura da un punto di vista contrattuale e fiscale.
Per atto tra vivi o a causa di morte, una persona fisica definita disponente (o “settlor”) “separa” il proprio patrimonio destinando alcuni beni al perseguimento di specifici interessi, a favore di determinati beneficiari o per il raggiungimento di uno scopo determinato. La titolarità e gestione della parte di patrimonio “separata” trasferita a un gestore (o “trustee”).
Sul punto è bene essere chiari. I beni oggetto del trust non diventano di piena proprietà del gestore. Essi sono solo formalmente intestati al trustee e, rispetto al suo patrimonio personale, costituiscono una “massa distinta”. Si tratta infatti di un’intestazione fiduciaria particolare in quanto il gestore è titolare dei predetti beni solo per perseguire gli scopi definiti dal disponente nell’atto di creazione del trust. Infatti, tali regole non sono modificabili all’occorrenza dal settlor o disponente.
Il Trust Familiare è volto ad assistere soggetti deboli e/o preordinati ad una successione ereditaria. Il Trust familiare è sovente utilizzato per tutelare il patrimonio di famiglia da possibili aggressioni.
Con l’atto di costituzione, che può essere anche un testamento, il disponente definisce le “regole del trust”. Tale atto dovrebbe avere i seguenti requisiti minimi:
Il Trust è un ente privo di personalità giuridica. Questo significa che non è un soggetto di diritto autonomo. Si configura più che altro come un vincolo che un soggetto appone sul proprio patrimonio per un determinato scopo e per un periodo di tempo determinato.
Tuttavia, ex art. 1, comma 74, L. 296/2006, il Trust è dotato di soggettività fiscale. Essendo inserito tra gli enti commerciali o non commerciali, il Trust è tra i soggetti che scontano IRES ex art. 73 TUIR.
Per individuare il regime fiscale applicabile al trust e ai suoi beneficiari occorre distinguere tra le diverse tipologie di trust che possono sussistere. In particolare occorre indagare:
L’art. 73 del TUIR prevede che i trust possano inquadrarsi tra i soggetti assimilati ad enti commerciali o ad enti non commerciali in base al fatto che svolgano o meno attività attività commerciale nell’amministrazione dei beni separati.
Dal punto di vista fiscale:
È importante individuare la residenza fiscale del Trust perché questa determina il regime fiscale applicabile. Infatti, il Trust residente in Italia sconta qui le la tassazione sui propri redditi, ovunque prodotti. Per contro, il Trust non residente in Italia, sconta nel bel paese solo i redditi ivi prodotti, applicando agli altri il regime fiscale del paese di residenza. In questi casi la consulenza di un esperto è più che mai determinante.
Secondo Agenzia delle Entrate, sul punto rilevano alcuni interpelli e circolari,
La distinzione tra Trust “opaco” e trust “trasparente” nella successiva tassazione dei beneficiari del Trust.
Il Trust può essere considerato opaco quando il trustee ha un potere discrezionale circa l’attribuzione dei frutti con la conseguente mancanza di un diritto soggettivo in capo ai beneficiari circa l’attribuzione degli stessi. Ciò non significa che i beneficiari non godranno dei frutti prodotti. Significa che non possono pretenderne l’erogazione. Pertanto, l’imposizione dei redditi prodotti da un Trust opaco avviene nei soli confronti del Trust e non dei beneficiari.
Per contro, nel Trust Trasparente la tassazione presuppone che il reddito sia immediatamente e originariamente riferibile ai beneficiari. La trasparenza esclude qualsiasi discrezionalità in capo al gestore riguardo alla individuazione dei beneficiari e alla distribuzione del reddito prodotto.
I beneficiari “italiani” di un trust trasparente sono assoggettati a tassazione secondo un criterio di “competenza”, a prescindere dall’effettiva percezione dei frutti.
Tale principio opera a prescindere dal fatto che il Trust sia residente o meno in Italia.
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