In base alla normativa vigente è possibile, in presenza di determinate condizioni, licenziare il dipendente per scarso rendimento: tale motivo legittima il licenziamento per giustificato motivo.
In primo luogo la disciplina si rinviene nell’art. 3 della Legge 604/1966 che statuisce espressamente che “Il licenziamento per giustificato motivo con preavviso è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro, ovvero da ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa”.
Il lavoratore che non svolge la propria prestazione lavorativa nei tempi e nei modi concordati e qualora non segua le disposizioni del datore di lavoro con la diligenza richiesta “dalla natura della prestazione dovuta, dall’interesse dell’impresa e da quello superiore della produzione nazionale” (cfr. art. 2104 cod. civ.) può essere destinatario del licenziamento sopra descritto.
La norma fa riferimento ad una diligenza c.d. qualificata che deve essere valutata tenendo conto delle mansioni affidate al lavoratore e la prestazione lavorativa deve essere resa considerando dell’impresa dovendo presentare quei requisiti minimi idonei a soddisfare questo interesse.
La giurisprudenza maggioritaria inquadra il licenziamento di cui si discute all’interno della categoria del licenziamento per giustificato motivo soggettivo, richiedendo al datore di lavoro la dimostrazione di un notevole inadempimento imputabile al lavoratore alla sua obbligazione principale, che è quella di svolgere la prestazione lavorativa con la diligenza richiesta “dalla natura della prestazione dovuta”, ex art. 2104 cod. civ.
In base a tale qualificazione, dunque, si ritiene che “In tema di licenziamento per scarso rendimento deve escludersi la sussistenza di un giustificato motivo oggettivo trattandosi di un licenziamento fondato su un comportamento riconducibile alla sfera volitiva del lavoratore, lesivo dei suoi doveri contrattuali e, dunque, integrante un inadempimento delle obbligazioni nascenti da rapporto di lavoro. Pertanto, il licenziamento per scarso rendimento costituisce un’ipotesi di recesso per notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore” (Cass. 22 novembre 2016, n. 23735).
Per quanto la giurisprudenza maggioritaria inquadri il licenziamento di cui si discute nella categoria del licenziamento per “motivi soggettivi” si rinvengono anche sentenze che attribuiscono allo scarso rendimento del lavoratore una valenza di carattere oggettivo: sul punto si segnala il filone giurisprudenziale che fa rientrare nell’alveo del motivo oggettivo tutte le ipotesi in cui lo scarso rendimento è dovuto alle ripetute assenze del lavoratore, comunicate nell’imminenza dell’assenza e spesso agganciate a giornate di riposo o festive e, conseguentemente, idonee ad interferire sul corretto svolgimento dell’attività aziendale.
La Corte di Cassazione, ad esempio, ha ritenuto legittimo il recesso per giustificato motivo oggettivo intimato a carico di un lavoratore che, pur senza superare il periodo di comporto, aveva collezionato numerose assenze “a macchia di leopardo”, di breve durata ma ripetute e regolarmente “agganciate” ai giorni di riposo, verificatesi quindi con modalità tali da incidere negativamente sull’attività produttiva e sull’organizzazione del lavoro.
In particolare, si legge nella sentenza che le assenze verificatesi con le suddette modalità danno “luogo ad una prestazione lavorativa non sufficientemente e proficuamente utilizzabile dalla Società, rivelandosi la stessa inadeguata sotto il profilo produttivo e pregiudizievole per l’organizzazione aziendale così da giustificare il provvedimento risolutorio”. Ed ancora, in situazioni di questo genere “la malattia non viene in rilievo in sé (…) ma in quanto le assenze in questione, anche se incolpevoli, danno luogo a scarso rendimento e rendono non più utile la prestazione per il datore di lavoro”, posto che di fatto incidono “sulle esigenze di organizzazione e funzionamento dell’azienda, dando luogo a scompensi organizzativi” (Cass. 4 settembre 2014, n. 18678).
La differenza di inquadramento assume grande rilevanza in ordine alla disciplina applicabile.
Ed infatti, se si configura il licenziamento per scarso rendimento nell’ambito del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il datore di lavoro se occupa più di 15 dipendenti dovrà preliminarmente esperire la procedura di cui all’art. 7 della Legge 604/1966 per il tentativo di conciliazione davanti alla Commissione di conciliazione presso l’Ispettorato territoriale del lavoro competente: questa procedura, attesa l’intervenuta abrogazione del c.d. Jobs Act (D.lgs. 23/2015) deve essere applicata solo ai lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015.
Per i dipendenti assunti dopo il 7 marzo 2015 e per i lavoratori assunti nelle imprese con meno di 15 dipendenti si può procedere direttamente con la comunicazione di recesso.
La differenza di inquadramento incide in materia di tutela: basti pensare alla tutela reintegratoria nell’ambito del licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
In tale ipotesi, infatti, dal ruolo residuale riconosciutogli dalla c.d. Legge Fornero si è giunti con il c.d. Jobs Act all’esclusione di tale tutela.
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