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Data Aggiornamento: Marzo 2023

La Tassazione redditi dipendenti: problematiche fiscali e classificazione

In ambito lavorativo una delle problematiche più frequenti concerne la tassazione delle voci di reddito riconosciute al dipendente.

Con la sentenza 3804 dell’8 febbraio 2023 la Corte di Cassazione ha statuito che non è tassabile il risarcimento percepito dal dipendente per perdita di chance da accrescimento professionale in seguito a una transazione.

La non tassabilità del reddito percepito per perdita di chance

La Cassazione ha stabilito che in tema di classificazione dei redditi ex art. 6, comma 2, T.U.I.R. (Testo Unico Imposte sui redditi – D.P.R. n. 917/86), le somme percepite dal contribuente a titolo risarcitorio sono soggette a imposizione soltanto se risultino destinate a reintegrare un danno rappresentato dalla mancata percezione di redditi (cd. lucro cessante), mentre non costituiscono reddito imponibile se tendano a ovviare ad un pregiudizio di natura diversa (cd. danno emergente).

Tale orientamento era stato già abbracciato da una precedente pronuncia della Corte di Cassazione Sezione Tributaria con la sentenza n. 14344/2022. Anche con tale statuizione la Corte aveva deciso che le somme percepite dal contribuente a titolo risarcitorio sono soggette a imposizione solo se destinate a reintegrare il c.d. lucro cessante, mentre non costituiscono reddito imponibile nell’ipotesi in cui siano volte a riparare un pregiudizio di natura diversa (c.d. danno emergente).

Le premesse normative su cui si fonda tale orientamento sono le seguenti:

  • l’art. 1 del TUIR che stabilisce che “Presupposto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche è il possesso di redditi in denaro o in natura rientranti nelle categorie indicate nell’art. 6” (quindi redditi fondiari, di capitale, di lavoro dipendente, di lavoro autonomo, redditi d’impresa e redditi diversi);
  • l’art. 51, co. 1, TUIR che nel definire i redditi di lavoro dipendente sancisce il principio di onnicomprensività della retribuzione dal punto di vista fiscale sancendo che “Il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”;
  • l’art. 1223 cod. civ. che stabilisce che qualora sia stato cagionato un danno, il risarcimento debba comprendere tanto la perdita effettivamente subita, ovvero il c.d. “danno emergente”, quanto il mancato guadagno che il danneggiato avrebbe invece potuto realizzare nell’eventualità in cui il danno non si fosse realizzato, ossia il c.d. “lucro cessante”;
  • l’art. 6, co. 2, del TUIR che stabilisce che “I proventi conseguiti in sostituzione di redditi, (…), e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o da morte, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti. (…)”.

Con la pronuncia dell’8 febbraio 2023 la Corte, dettagliando la motivazione, riconosce dunque che non può essere tassato il risarcimento del danno ottenuto dal lavoratore dipendente, anche in via transattiva, per la perdita di chance di accrescimento professionale.

Secondo la Corte la perdita di chance che consiste nella privazione della possibilità di sviluppi o progressioni nell’attività lavorativa, costituisce un danno patrimoniale risarcibile, qualora sussista un pregiudizio certo (anche se non nel suo ammontare) consistente non in un lucro cessante, bensì nel danno emergente da perdita di una possibilità attuale.

Conseguentemente le indennità risarcitorie sono fiscalmente rilevanti e concorrono a formare il reddito complessivo del contribuente nella sola ipotesi in cui mirano a ristorare la perdita di un reddito (lucro cessante), mentre non sono imponibili se conseguite per ripagare la perdita patrimoniale subita (danno emergente).

Principi consolidati di tassazione del risarcimento percepito dal dipendente

Sinteticamente, i principi sopra esposti consentono di poter affermare che le somme percepite dal lavoratore:

  • costituiscono reddito imponibile solo se sono destinate a reintegrare un danno concretizzatosi nella mancata percezione di redditi come ad esempio l’indennità corrisposta in sede transattiva dal datore di lavoro a titolo di risarcimento del danno per la reintegrazione delle energie psicofisiche spese dal lavoratore oltre l’orario massimo di lavoro;
  • non costituiscono reddito imponibile se invece sono dirette a riparare un pregiudizio di natura diversa, come ad esempio nel caso di risarcimento del danno per la perdita di chance di accrescimento professionale conseguente all’assenza di programmi ed obiettivi incentivanti.

A tali principi si giunge considerando che l’assenza di natura reddituale del risarcimento del danno per “perdita di chance”, si ravvisa con la constatazione che in tali ipotesi si va a ristorare il danno emergente dalla perdita di una possibilità attuale atteso che, secondo la Corte, “ la chance è anch’essa una entità patrimoniale giuridicamente ed economicamente valutabile, la cui perdita produce un danno attuale e risarcibile, qualora si accerti, anche utilizzando elementi presuntivi, la ragionevole probabilità della esistenza di detta chance intesa come attitudine attuale”.

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