Il Tribunale di Udine, con pronuncia del 27.05.2022, ha enunciato un principio di diritto che rappresenta un cambiamento cruciale nella disciplina giuslavoristica e si pone come importante argine contro i lavoratori furbetti.
Il Tribunale ha censurato l’escamotage usato dai lavoratori che non si presentavano sul posto di lavoro, senza fornire giustificazione alcuna, al fine di indurre il datore di lavoro ad adottare il licenziamento per assenza ingiustificata e accedere al sussidio di disoccupazione.
Tale prassi, infatti, veniva e viene adottata dai lavoratori con l’intento di conseguire l’indennità Naspi (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego) che è riconosciuta solo nel caso di disoccupazione involontaria.
Infatti la Naspi, istituita dall’articolo 1, decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22 – che sostituisce le precedenti prestazioni di disoccupazione ASpI e MiniASpI – è prevista in relazione agli eventi di disoccupazione involontaria che si sono verificati a decorrere dal 1 maggio 2015 e spetta ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che hanno perduto involontariamente l’occupazione.
Analizzando la fattispecie sottoposta al suo esame, il Tribunale ha invece riconosciuto in tale atteggiamento (assenza ingiustificata senza fornire giustificazioni) la sussistenza di una risoluzione di fatto del rapporto di lavoro, a prescindere dal rispetto della procedura telematica previste dall’art. 26 del D. Lgs. 151/2015 (comunicazione telematica delle dimissioni).
Secondo l’impostazione adottata dal Tribunale, l’assenza ingiustificata prolungata del lavoratore deve essere interpretata come volontà chiara di cessare il rapporto, e pertanto può essere equiparata alle dimissioni di fatto.
Nella fattispecie sottoposta all’esame del Tribunale, si analizzava un procedimento introdotto da una dipendente, licenziata dall’Azienda per assenza ingiustificata, la quale eccepiva principalmente la circostanza che il Datore di Lavoro aveva comunicato al Centro per l’Impiego la chiusura del rapporto di lavoro, individuando come causale di cessazione la voce “dimissione” e non “licenziamento”.
Con tale modalità, ovviamente, la lavoratrice non poteva fruire dell’indennità di disoccupazione.
La Lavoratrice riteneva che in base all’art. 26 D. Lgs. 151/2015, rubricato “Dimissioni volontarie e risoluzione consensuale”, le dimissioni possono essere presentate unicamente on line, secondo la modalità telematica prevista, a pena di inefficacia delle stesse.
Il Legislatore dunque, secondo la tesi difensiva, sembrerebbe non aver considerato l’ipotesi di dimissioni intervenute per fatti concludenti.
Il Tribunale di Udine, invece, ha rilevato dapprima che l’art. 26 D. Lgs. 151/2015 non può che riguardare l’ipotesi di una manifestazione istantanea della volontà di risolvere il rapporto, precisando altresì che, in ogni caso, la previsione normativa delle dimissioni telematiche non comporta una parziale abrogazione di quanto previsto dall’art. 2118 cod. civ. che stabilisce che “Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti dalle norme corporative, dagli usi o secondo equità” e dall’art. 2119 cod. civ. che stabilisce che “Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto”.
Osserva il Tribunale che in forza di tali articoli non è necessario manifestare la volontà in un atto formale, come può essere quello richiesto dall’art. 26 del D. Lgs. 151/2015, ritenendosi sufficiente la manifestazione della volontà anche con condotte che indichino chiaramente quello che è l’effettivo volere del lavoratore.
La sentenza richiama altresì le disposizioni della legge delega 183/2014 relativa al Jobs Act che, non trascurando l’ipotesi di risoluzione tacita del rapporto di lavoro, ha affermato la «necessità di assicurare la certezza della cessazione del rapporto nel caso di comportamento concludente in tal senso della lavoratrice o del lavoratore».
Si segnala, tuttavia, che tale inciso non ha trovato attuazione alcuna nel D. Lgs. 151/2015 e che, come rilevato, si è limitato a disciplinare esclusivamente l’istituto delle dimissioni telematica.
Secondo il Giudice friulano, si impone, dunque, la necessità di arginare il ricorso sempre più frequente alla prassi dell’assenza ingiustificata e del conseguente licenziamento per poter usufruire dell’indennità di disoccupazione.
L’abuso di tale diritto, il cui esercizio, alle condizioni stabilite dalla legge va ovviamente sempre garantito, può avere infatti considerevoli conseguenze economiche e rilevanti ricadute sia sulle Aziende che sui lavoratori e, in quanto tale, secondo il Tribunale di Udine deve essere censurato.
Si auspica che anche alla luce di tale interessante pronuncia possa intervenire, in maniera specifica, il legislatore con l’adozione di una normativa equa.
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