In passato abbiamo più volte trattato il tema della risoluzione del rapporto di lavoro. Ci siamo dedicati tanto ai tipi di licenziamento contemplati dal nostro ordinamento quanto alla revocata del licenziamento. Oggi approfondiremo il licenziamento orale. Tale è lo scioglimento unilaterale del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro disposto verbalmente, in assenza di qualsivoglia comunicazione scritta destinata al lavoratore.
Il licenziamento intimato in forma orale è illegittimo ed inefficace per violazione dell’art. 2 della Legge 604/1966 che espressamente prevede: “Il datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, deve comunicare per iscritto il licenziamento al prestatore di lavoro. La comunicazione del licenziamento deve contenere la specificazione dei motivi che lo hanno determinato. Il licenziamento intimato senza l’osservanza delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 è inefficace“.
Il licenziamento ritenuto illegittimo deve essere impugnato dal lavoratore nel termine di 60 giorni dalla sua comunicazione, pena la decadenza.
Ebbene, tale termine di decadenza non si applica al lavoratore licenziato verbalmente, il quale può agire per far dichiarare la nullità e l’inefficacia del licenziamento orale, senza l’onere di previa impugnazione stragiudiziale, entro il termine di prescrizione di 5 anni.
L’art. 18, comma 1 della L. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori) sanziona, tra gli altri, il licenziamento orale dei lavoratori. In tali ipotesi il Giudice dell’impugnazione deve disporre la reintegra del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo addotto e dalle dimensioni dell’azienda.
L’unico discrimine, per l’applicazione di tale disciplina, risiede nella data di assunzione del lavoratore.
In tal senso deve distinguersi tra i lavoratori assunti prima del 7.03.2015, data di entrata in vigore del Jobs Act, ovvero successivamente a tale data.
Nell’ipotesi di licenziamento intimato verbalmente, il lavoratore assunto ante Jobs Act, ha diritto:
– alla reintegrazione nel posto di lavoro;
– al risarcimento del danno;
– al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali dovuti.
Può altresì accadere che il lavoratore scelga di non voler rientrare in azienda. In tali casi avrà diritto alla corresponsione di una indennità sostitutiva, la cui misura è fissata in 15 mensilità dall’ultima retribuzione globale di fatto percepita dal lavoratore. Inoltre, anche quando il lavoratore sceglie di non rientrare in azienda, avrà comunque diritto al risarcimento del danno ed al versamento degli oneri previdenziali ed assistenziali.
Ai sensi dell’art. 2 D.lgs 23/2015, il licenziamento orale comminato al lavoratore comporta:
In caso contrario dovrà, nei successivi 30 giorni, fare richiesta per ricevere l’indennità sostitutiva.
L’entrata in vigore del Jobs Act, per quanto concerne le tutele del lavoratore licenziato verbalmente, ha certamente inciso negativamente. Infatti, pur confermando di fatto i medesimi rimedi della precedente disciplina, il rimando all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, sia nell’ipotesi di decisione di non rientrare in azienda, sia per il calcolo del risarcimento del danno, ha comportato una concreta diminuzione delle somme che il lavoratore potrebbe legittimamente aspettarsi rispetto alla disciplina previgente, certamente più favorevole.
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