Il raggiungimento della maggiore età dei figli non costituisce più, da tempo, il termine finale per la corresponsione del suo mantenimento da parte dei genitori.
Il mantenimento, infatti, è condizionato dal raggiungimento dell’autosufficienza economica e finanziaria tale consentirgli di provvedere autonomamente alle proprie esigenze di vita, in correlazione anche, nel caso, al completamento di un positivo percorso di studi.
Sul punto si è recentemente espressa la nona sezione del Tribunale di Milano, che, er la prima volta, ha statuito che, con il superamento di una certa età, “il figlio maggiorenne, anche se non indipendente, raggiunge comunque una sua dimensione di vita autonoma che lo rende, semmai, meritevole dei diritti ex art. 433 c.c. ma non può più essere trattato come ‘figlio’, bensì come adulto“.
La motivazione principale del Tribunale di Milano si basa sul dovere di autoresponsabilità del figlio maggiorenne che non può pretendere all’infinito la corresponsione del mantenimento da parte dei genitori, ovvero oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, perché “l’obbligo dei genitori si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione” (Cass. n. 18076/2014; Cass. SS.UU. n. 20448/2014).
Il complesso obbligo dei genitori, secondo la pronuncia del Tribunale di Milano è, “in linea con le statistiche ufficiali, nazionali ed europee” non può protrarsi dunque “oltre la soglia dei 34 anni“, età a partire dalla quale “lo stato di non occupazione del figlio maggiorenne non – può – più essere considerato quale elemento ai fini del mantenimento, dovendosi ritenere che, da quel momento in poi, il figlio stesso possa, semmai, avanzare le pretese riconosciute all’adulto”.
Ne consegue quindi che la valutazione delle circostanze che giustificano la ricorrenza o il permanere dell’obbligo dei genitori al mantenimento dei figli maggiorenni, conviventi o meno con i genitori o con uno di essi, va fatta “in guisa da escludere che la tutela della prole, sul piano giuridico, possa essere protratta oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, al di là dei quali si risolverebbe, com’è stato evidenziato in dottrina, in “forme di vero e proprio parassitismo di ex giovani ai danni dei loro genitori sempre più anziani”.
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