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Data Aggiornamento: Agosto 2021

IL “DIRITTO DI RECESSO” DALL’UNIONE EUROPEA.

Con la vittoria del “Brexit”, è opportuno approfondire un tema che impegnerà l’Unione Europea, per la prima volta nella sua storia, a seguito del voto appena espresso dal popolo anglosassone. Al di là della valutazione opportunistica, ci si chiede: come si esce dall’Europa e, soprattutto, quanto tempo occorre? A regolare l’uscita dal gigantesco “condominio” europeo interviene l’art. 50 del Trattato sull’Unione Europea, come modificato dal Trattato di Lisbona. Esso stabilisce che lo Stato che intenda recedere completamente dall’UE debba “notificare” la propria decisione al Consiglio europeo, il quale deve poi negoziare e deliberare un accordo, previa approvazione del Parlamento, volto a regolare i rapporti internazionali con l’ex stato membro dopo l’uscita. L’efficacia del recesso è sospensivamente condizionata alla conclusione dell’accordo, approvato con la maggioranza qualificata degli stati membri, ovvero all’inutile decorso del termine di due anni. Un congruo preavviso che, tuttavia, potrebbe non essere sufficiente al raggiungimento di soluzioni economiche appaganti per tutte le parti, con la possibilità che l’effettiva composizione dei rapporti si definisca ben oltre la scadenza, naturale o anticipata, del “contratto”, come spesso accade in campo privatistico.

Indipendentemente dal pensiero di malpancisti, euroscettici, europeisti ed euroromantici, l’evento apre scenari inediti, e introduce nuovamente difficili sfide per la democrazia che dovrà dimostrare, prima di tutto, che le scelte sono figlie del dialogo per il bene della collettività, e non il gesto inconsulto, frutto della paura o dell’incauto ottimismo. Electa una via, non datur recursus ad alteram.

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