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Data Aggiornamento: Novembre 2025

Spese di rappresentanza o pubblicità? Scopriamo la differenza

Quando un’impresa sostiene spese per promuovere la propria immagine o i propri prodotti, sorge spesso un dubbio: si tratta di spese di rappresentanza o di spese di pubblicità?
La differenza non è solo terminologica, ma ha implicazioni fiscali rilevanti: cambia il modo in cui la spesa viene dedotta e la percentuale di detrazione IVA ammessa.

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 25143 del 13 settembre 2025) ha riportato chiarezza su questo confine, riaffermando che il criterio decisivo non è la gratuità dell’iniziativa, ma l’obiettivo perseguito dall’impresa.

Attraverso il presente contributo tentiamo di spiegare in modo semplice cosa significa questa pronuncia per le piccole e medie imprese e come un corretto approccio di legal management possa prevenire contestazioni e recuperi fiscali.

Il caso: quando un evento “di prestigio” diventa un rischio fiscale

La vicenda trattata dagli Ermellini riguardava una società vinicola che aveva organizzato un premio annuale dedicato alla “civiltà del vino”. L’Agenzia delle Entrate aveva contestato la deducibilità delle spese sostenute, sostenendo che si trattasse di spese di rappresentanza e non di pubblicità, poiché l’evento non era collegato in modo diretto alla vendita dei prodotti.

La società, al contrario, riteneva che la finalità fosse promozionale. Dopo un lungo contenzioso, la Cassazione ha dato ragione all’Amministrazione finanziaria. Veniva infatti statuito che l’iniziativa non generava un effetto economico immediato, ma mirava a rafforzare la reputazione e il prestigio (branding) dell’impresa.

Le norme di riferimento: IVA e TUIR

Il punto di partenza è l’articolo 19-bis1, comma 1, lettera h, del DPR 633/1972, che esclude la detrazione IVA per le spese di rappresentanza, salvo che riguardino beni di costo unitario non superiore a 50 euro.

Sul piano delle imposte dirette, l’articolo 108, comma 2, del TUIR prevede che le spese di rappresentanza siano deducibili solo se inerenti e congrue, come specificato dal Decreto Ministeriale 19 novembre 2008. In particolare, il citato decreto definisce tali spese come erogazioni gratuite di beni o servizi destinate a promuovere l’immagine o le relazioni pubbliche dell’impresa, purché possano generare benefici economici potenziali.

Il criterio dell’“obiettivo perseguito”: la chiave interpretativa

La Cassazione ha ribadito un principio già espresso in altre sentenze (n. 10781/2023, n. 14049/2023, n. 10440/2021): “Il discrimine tra spese di rappresentanza e spese pubblicitarie risiede nella finalità economica e non nella forma o nella gratuità dell’evento.”

In sintesi:

  • Spese di rappresentanza: servono a migliorare l’immagine aziendale e le relazioni istituzionali, senza aspettarsi un ritorno economico immediato.
    Esempi: eventi aziendali, premi, cene con clienti o fornitori, sponsorizzazioni culturali.
  • Spese di pubblicità: hanno uno scopo promozionale diretto, mirano a stimolare la domanda e a favorire le vendite.
    Esempi: campagne social, inserzioni, fiere di settore con esposizione di prodotti, influencer marketing.

Perché la distinzione è cruciale per le PMI?

Molte piccole e medie imprese organizzano eventi, sponsorizzano attività o collaborano con influencer senza una pianificazione fiscale chiara. Il rischio è che l’Agenzia delle Entrate riqualifichi le spese in sede di controllo, riducendo o negando la deduzione e richiedendo imposte arretrate, sanzioni e interessi.

Un errore comune è confondere la visibilità aziendale con la pubblicità diretta:un convegno, una cena o un premio possono migliorare la reputazione, ma se non sono collegati a una strategia commerciale immediata non saranno considerati pubblicità, bensì rappresentanza.

Come gestire correttamente le spese: consigli pratici

Lo Studio Legale Salata, grazie alla propria esperienza in diritto tributario e legal management, consiglia alle imprese di adottare un approccio strutturato:

  1. Documentare le finalità.

Ogni iniziativa deve essere accompagnata da un piano che ne descriva gli obiettivi commerciali e i risultati attesi.

  1. Evitare la genericità.
    Le campagne promozionali devono indicare chiaramente i prodotti o servizi pubblicizzati e i canali di diffusione utilizzati.
  2. Verificare la congruità.
    Le spese devono essere proporzionate ai ricavi dell’impresa, secondo i limiti indicati dal DM 19 novembre 2008.
  3. Archiviare prove e materiali.
    Conservare contratti, inviti, brochure, post social, video e tutto ciò che dimostri la funzione promozionale.
  4. Affidarsi a consulenza qualificata.
    L’analisi preventiva di un legale esperto evita contestazioni e consente di pianificare in modo fiscalmente efficiente.

Il valore aggiunto del Legal Management

L’Avv. Aurelio Salata, promuove ormai da circa 15 anni una visione evoluta della consulenza legale: non solo difesa in caso di accertamento, ma gestione strategica preventiva delle scelte aziendali.

Il Legal Management integra diritto tributario, controllo di gestione e pianificazione strategica, aiutando le imprese a:

  • classificare correttamente le spese secondo criteri fiscali e contabili;
  • ottimizzare la deducibilità e la detrazione IVA;
  • ridurre il rischio di contestazioni e accertamenti;
  • impostare una comunicazione aziendale coerente con gli obiettivi fiscali e reputazionali.

Un approccio proattivo: il metodo Salata

Lo Studio Legale Salata lavora con un approccio orientato al risultato:

  1. Analisi preventiva dei flussi economici e delle spese di marketing;
  2. Classificazione fiscale delle iniziative promozionali;
  3. Redazione di policy aziendali su spese di rappresentanza e pubblicità;
  4. Formazione del personale amministrativo su criteri di deducibilità;
  5. Interfaccia diretta con il commercialista e con l’Agenzia delle Entrate in caso di verifiche.

Questo metodo consente di trasformare la gestione fiscale da mero adempimento a leva di competitività.

Conclusioni: investire in immagine sì, ma con metodo!

Promuovere la propria azienda è essenziale, ma farlo senza una chiara strategia fiscale può diventare un errore costoso.
La Cassazione ha chiarito che ciò che conta è l’obiettivo perseguito:

  • se l’intento è migliorare l’immagine, la spesa è di rappresentanza;
  • se invece si punta a incrementare vendite e domanda, si tratta di pubblicità.

Con l’assistenza dello Studio Legale Salata, le imprese possono costruire una strategia promozionale efficace, fiscalmente sostenibile e giuridicamente solida, trasformando il rischio di accertamento in un’opportunità di crescita.

Contattaci per una consulenza preliminare gratuita

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