È sufficiente leggere il testo dell’art. 76 del d.P.R. n. 602/1973 per chiarire ogni incertezza. Dall’analisi del comma 1, lettera a), si deduce che non è la “prima casa” a essere impignorabile, bensì l’unico immobile, con l’ulteriore precisazione che tale immobile deve essere destinato ad uso abitativo e che il debitore vi abbia la residenza anagrafica.
Il testo stabilisce infatti che: “l’Agente della riscossione non può procedere all’espropriazione dell’unico immobile di proprietà del debitore.”
Di conseguenza, l’immobile che non può essere pignorato dall’Agente è l’unica abitazione e non la “prima casa”.
Quando il creditore è lo Stato, a differenza di quanto avviene per i creditori privati, la legge, come detto in precedenza, consente la pignorabilità dell’immobile, ma impone una serie di restrizioni sull’esercizio di tale facoltà.
Quali sono i limiti?
Se il debitore o contribuente possiede una casa adibita ad abitazione, questa non può essere sottoposta ad esecuzione forzata (da parte del Fisco) se rappresenta la cosiddetta “prima casa”, a condizione che siano rispettati i seguenti requisiti:
Solo quando tutte e tre queste condizioni sono soddisfatte l’Agenzia delle Entrate non può procedere con il pignoramento.
No.
È vero che l’assenza anche di una sola di queste condizioni rende l’immobile potenzialmente pignorabile da parte dell’Agente della Riscossione, ma questo non basta per giustificare automaticamente una procedura di esecuzione forzata.
Il Fisco può infatti avviare il pignoramento e la vendita all’asta dell’immobile solo se vengono rispettate queste ulteriori condizioni:
In ogni caso, l’Erario deve prima offrire al debitore la possibilità di rateizzare l’importo dovuto, con un massimo di 72 rate mensili. In situazioni di comprovata difficoltà economica non imputabile al debitore, questa dilazione può essere estesa fino a 120 rate mensili.
Tuttavia, la normativa che disciplina il comportamento della società di riscossione, ex Equitalia, nelle esecuzioni immobiliari non impedisce al Fisco di intervenire in una procedura di pignoramento avviata da un altro creditore privato, qualora quest’ultimo abbia iscritto la procedura a ruolo, per far valere il proprio credito.
Nelle prime righe del comma 1 dell’articolo in questione si legge: “Resta ferma la facoltà di intervento ai sensi dell’articolo 499 del codice di procedura civile, l’agente della riscossione.”
In sostanza, ciò significa che, se l’ente di riscossione ha un credito inferiore alla soglia stabilita, non potrà procedere autonomamente al pignoramento della prima casa del debitore, ma potrà comunque unirsi ad altri creditori privati nella procedura esecutiva per ottenere il pagamento del proprio credito.
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